Dicono che incontrare un daino o un cervo porti fortuna. Secondo alcune culture, come quella giapponese, l’esemplare è un animale sacro, portatore di buon auspicio, che tende a mostrarsi alle anime pure. Secondo gli antenati celtici incarna la resistenza e l’armonia con la natura. Nei paesi europei figli della cultura greca, il daino è regalità, ma soprattutto rinnovamento e rinascita, proprio come i palchi che sovrastano le teste dei maschi, che giunti a maturità cadono e si rigenerano. A poche settimane dall’inizio della primavera, ecco allora che lo spettacolo che martedì mattina ha animato il Monte Catria si arricchisce di una bellezza ulteriore.
Il fortunato ad averli avvistati è Luca, un giovane agricoltore di Fabriano che si trovava nella spianata del Catria raggiungibile da Serra Sant’Abbondio. Non un solo esemplare, ma un branco formato da più di 20 daini che correva libero. Un’immagine che Luca ha voluto condividere sui social perché coglie non solo la bellezza degli esemplari, ma la magia di una natura incontaminata e spontanea, che è sempre più difficile osservare.
Una libertà che commuove e proietta nel futuro, ma che necessariamente sa anche essere fonte di riflessione sul futuro di un territorio. Se la natura è infatti in grado di rinnovarsi spontaneamente e trovare, nonostante i cambiamenti, nuovi equilibri, perché non può dirsi lo stesso per le attività umane che ne garantiscono la tutela?
È questa la domanda sollevata dall’agricoltore, condivisa insieme alle belle immagini: “Le aree interne sono scrigni di biodiversità e paesaggi straordinari, ma chi le custodisce davvero?” ha scritto. “Da sempre, gli agricoltori sono il vero presidio del territorio: senza di loro, i campi diventano incolti, i boschi avanzano senza gestione, gli ecosistemi si sbilanciano.“
Un monito che si accompagna alla denuncia delle crescenti difficoltà del settore: “Fare agricoltura in queste zone non garantisce più una vera sostenibilità economica. I costi aumentano, il reddito diminuisce, e il ricambio generazionale si blocca: sempre meno giovani scelgono di lavorare la terra, perché non ci sono le condizioni per farlo. Si parla tanto di sostenibilità ambientale, ma senza una sostenibilità economica non esiste futuro per questi territori“.
A concludere, un’ultima riflessione: “L’agricoltura dovrebbe essere il motore della tutela del paesaggio, della biodiversità e dell’economia locale, ma le politiche e il mercato la rendono sempre più marginale. Come possiamo invertire questa tendenza?“
Una domanda che resta aperta e che chiama in causa istituzioni, imprese e consumatori. Perché, proprio come il daino che si rinnova ogni anno, come la primavera che torna ad illuminare i fiori e le persone, anche l’agricoltura ha bisogno di nuove opportunità per continuare ad esistere e a garantire il futuro di territori unici e preziosi come i nostri.
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