Nei loro occhi restano i sorrisi dei bambini curati, la gratitudine silenziosa dei genitori e la consapevolezza di quanto sia difficile la vita in alcune parti del mondo. Alba Cruccetti ed Edoardo Bindi, chirurghi pediatrici dell’Azienda Ospedaliera Universitaria delle Marche, sono appena rientrati dall’Uganda, dove hanno prestato la loro opera all’ospedale di Lacor, nel distretto di Gulu, nel nord del Paese
Un’esperienza umana e professionale di grande impatto, che li ha visti operare oltre 70 bambini, dai neonati fino ai 18 anni, spesso affetti da patologie che in Italia sarebbero trattate con tempestività, ma che in Uganda si aggravano per mancanza di screening, farmaci e materiali medici di base.
Una missione tra assistenza e formazione
I due specialisti fanno parte del team della Clinica di Chirurgia Pediatrica del “Salesi” di Ancona, diretta dal professor Giovanni Cobellis, che da tre anni aderisce alla campagna umanitaria promossa dalla onlus vicentina Surgery for Children. L’obiettivo non è solo quello di operare i piccoli pazienti, ma anche formare il personale medico locale e introdurre tecniche chirurgiche avanzate.
Per la prima volta in un ospedale ugandese, infatti, sono stati eseguiti interventi con tecnica laparoscopica mininvasiva, una pratica consolidata in Italia ma del tutto innovativa a quelle latitudini. “In Uganda la sanità si paga e molte famiglie, soprattutto nelle zone rurali, faticano anche solo a raggiungere l’ospedale – spiegano i chirurghi –. La prima parte della nostra missione è stata dedicata alla selezione dei pazienti, dovendo dare priorità ai casi più urgenti tra un’enorme lista d’attesa.”
Per dieci giorni, dieci ore al giorno, i medici marchigiani hanno lavorato senza sosta, garantendo cure a bambini che altrimenti non avrebbero avuto alcuna possibilità di assistenza. Tra i casi più particolari trattati, quello di tre fratelli adolescenti affetti da anomalie sessuali mai diagnosticate né curate, a causa di un contesto in cui la malattia è spesso accompagnata da stigma sociale e isolamento.
“La cosa che più ci ha colpito è il numero impressionante di bambini bisognosi di cure, soprattutto nelle aree rurali – raccontano i chirurghi –. La povertà si somma a una sanità frammentata e a una carenza cronica di farmaci e strumenti essenziali, dai cerotti agli antibiotici.”
Un’esperienza che lascia il segno
Tornati in Italia, i due specialisti portano con sé non solo l’esperienza chirurgica, ma anche un profondo arricchimento umano. “Abbiamo ricevuto tanto da questa missione. I bambini lì sono felici per una caramella, un palloncino. Nei genitori c’è tanta rassegnazione, umiltà, rispetto, e mai una protesta. Il nostro obiettivo era curare, ma anche dare loro un segnale di speranza.”
L’Azienda Ospedaliera Universitaria delle Marche conferma il suo impegno nella solidarietà internazionale, portando innovazione e umanità in contesti dove l’accesso alle cure è ancora un privilegio per pochi.