Antonini: “fare agricoltura oggi richiede coraggio”. Saltamartini: “Dall’agricoltura deve partire un segnale culturale per la ricerca della qualità”
Sabato 17 febbraio, il cinema teatro Farnese di Cingoli ha ospitato la seconda edizione di “Cingulum, l’olio del Papa“. Un Festival nato lo scorso anno sotto il coordinamento dell’Assessore all’agricoltura Pamela Gigli che, insieme all’amministrazione comunale, ha dato inizio ad un percorso per legare ancora di più la città con il balcone sulle Marche alla sua produzione di olio.
La volontà alle radici dell’iniziativa, quella di creare un olio tipico del territorio di Cingoli. Per questo il Festival chiama a raccolta i frantoiani e gli olivicoltori che, se vogliono, possono presentare il loro olio per farlo sottoporre, in forma anonima, al panel test di assaggiatori esperti. Lo scorso anno avevano aderito 5 frantoiani e ben 175 produttori. Quest’anno, i numeri sono stati molto più contenuti a causa della difficile annata agricola; 2 i frantoi partecipanti e 27 gli oli presentati.
Nel pomeriggio di sabato, gli olivicoltori ed i frantoiani che hanno aderito hanno ricevuto il loro attestato di partecipazione ed hanno potuto richiedere la scheda di valutazione del proprio olio così da conoscerne punti di forza e criticità da affrontare per rendere il loro prodotto migliore.
Lo scopo dell’iniziativa è infatti proprio quello di instaurare un dialogo tra esperti e produttori, attivando una condivisione delle conoscenze preziosa per crescere e ricercare un’inedita qualità. Ma non solo, perché il Festival vuole anche essere un momento di confronto tra agricoltori ed istituzioni, per riflettere insieme sulle problematiche del settore, informare ed informarsi. Per questo, il convegno ha visto anche quest’anno la presenza di importanti ospiti e relatori. Accolti dal primo cittadino Michele Vittori, vi erano Marco Rotoloni presidente dell’Amap, l’assessore regionale all’agricoltura Andrea Maria Antonini, il Vice presidente e assessore regionale alla sanità Filippo Saltamartini, Alfei Barbara di Amap Marche e Tonino Cioccolanti, Roberta Fiordelmondo e Fausto Malvolti di Flavor Marche.
L’Assessore Antonini: “quest’anno calo di produttività dell’80%. Fare agricoltura richiede coraggio”
I 27 olivicoltori partecipanti rispetto ai 175 del 2023 sono la testimonianza delle difficoltà affrontate dal settore agricolo nell’ultima annata. Clima diviso tra siccità e piogge elevate, insieme a grandine e parassiti – nel caso dell’olivo la presenza della mosca e della cimice asiatica spiega Tonino Cioccolanti di Flavor – sono le cause che stanno mettendo a rischio la produzione regionale. Lo ha ricordato l’Assessore regionale all’agricoltura Andrea Maria Antonini: “la dieta Mediterranea nasce nelle Marche e l’olio ne è un elemento necessario e prezioso, che fa bene alla salute. A questo si unisce la bellezza degli oliveti che disegnano il territorio. Tuttavia il calo è stato importante, per l’olivo la produzione è diminuita del 70/80% ed il problema ha riguardato tutto il settore, con una situazione ancora più critica se si guarda al comparto biologico. Fare agricoltura oggi richiede coraggio e passione”.
Una possibilità per affrontare il problema, ha aggiunto, potrebbe essere nell’oleoturismo: “Su modello della legge per l’enoturismo, la Regione ha dato la possibilità ai frantoi di fare accoglienza ai turisti e valorizzare quei luoghi dove crescono le olive e nasce l’olio. L’incontro tra territorio e produzione è un’arma in più che cercheremo di potenziare con le iniziative inserite del nuovo Crs”.
Una “rivoluzione culturale” che passa per la qualità
“Le proteste con i trattori e le richieste che stanno estendendo gli agricoltori sono sacrosante – ha aggiunto il Vice Presidente della Regione Marche Filippo Saltamartini – ma dall’agricoltura deve partire soprattutto un segnale culturale. Dobbiamo capire che pagare il buon olio ed il buon vino permette di garantire la permanenza dei nostri prodotti nel mercato. Realizzare una democrazia dei consumatori che permetta di garantire la qualità di ciò che mangiamo”.
Ma cosa garantisce la qualità di un filo di olio? Rispondere a questa domanda significa spesso mettere in discussione credenze e modus operandi tramandati da generazioni. “Come la convinzione che l’olio torbido sia migliore di quello filtrato” spiega Barbara Alfei di Amap. “Oppure, la convinzione che sia un bene farlo congelare, quando in realtà andrebbe conservato ad una temperatura di 15 gradi”. A questo si aggiunge anche il controllo dell’olivicoltore sui suoi olivi, che dovrebbero essere monitorati per controllarne la presenza di parassiti che possano intaccare la produzione, “come la mosca che, se presa in tempo, può a volte essere trattata”. La chiave di volta risiede dunque sulla cultura e la conoscenza, unico strumento per salvare l’oro ambrato della nostra regione e renderlo, migliorandone la qualità, uno strumento identitario del territorio.