Uno, al massimo due fine settimana ancora. Sempre se il tempo non si guasta prima di settembre. A quel punto, sarà difficile che il caldo torni. Un conto alla rovescia rassegnato e una pianificazione ormai priva di fiducia nella qualità delle giornate che, inevitabilmente, non lasceranno più sulla pelle il segno del sole.
Perché ormai l’estate è finita. Così come le ferie. Così come i risparmi messi da parte con fatica per viaggi ora chiusi, come le valigie, nelle gallerie dei nostri telefoni.
A non essere finito è invece il tubetto di crema solare. Quello acquistato nei primi giorni di giugno, usato con cura nelle prime ore di mare e poi un po’ dimenticato. Ora è riposto con attenzione in un beautycase da riaprire l’anno prossimo, quando ci si chiederà se il suo filtro solare, dopo nove mesi, sia ancora efficace.
Cronache di ogni fine estate. Abitudini che accomunano tutti gli amanti della bella stagione. Azioni accompagnate da quello strano e profondo senso… di nostalgia. Lei tinge i pensieri di grigio, come le nuvole che preannunciano le giornate autunnali. Descrive un inverno lungo e pieno di doveri, scadenze e impegni. Infonde in ogni animo il desiderio di tornare a quei momenti.
“Una canaglia”, come la descrissero Albano e Romina nel lontano 1986. Perché far desiderare di tornare indietro nel tempo, quando l’arrivo delle nuvole è inevitabile? La risposta è tutta nell’origine del sentimento.
Il primo a parlare di “nostalgia” fu il medico Johannes Hofer, che nel 1688 utilizzò il termine per descrivere la malattia dei soldati svizzeri al fronte. Un “desiderio acuto di tornare a vivere in un luogo che è stato di soggiorno abituale e che ora è lontano”, lo definisce Treccani. E non a caso, alla radice di questa voglia di tornare in un luogo o in un tempo, c’è il termine greco νόστος. Nella parola italiana si unisce a un altro termine: algia. Nostos, ritorno. Algia, dolore. Il dolore del ritorno.
Non un ritorno casuale, come quando sbagli strada e torni indietro. È il ritorno verso un luogo dove si è stati bene, dove ci si è sentiti a casa, dove si è stati felici, e che ora, per cause di forza maggiore, è lontano. Per questo fa anche un po’ soffrire, come “un nodo in gola che ti assale“.
Ma è proprio questo dolore a trasformare la nostalgia in un ritorno sublime, capace di muovere le persone non a tornare indietro, bensì ad andare avanti. Come Ulisse nel suo viaggio verso Itaca. C’era l’amore per la sua casa a guidarlo. Indubbiamente, il pensiero di Penelope. Ma non avrebbe mai sconfitto dee e mostri senza la Nostalgia.
Così, mentre riponiamo le creme solari, togliamo gli ultimi granelli di sabbia dalle auto e scorriamo foto di mari cristallini, godiamo della nostra nostalgia. Sarà lei a portarci alla prossima estate. Sarà come un déjà-vu: un ritorno al tempo scandito da sole e acqua salata, reso ancora più bello dall’attesa del suo ritorno.