“Insieme torneremo, non una di meno” risuona forte nelle strade della Capitale: in migliaia animati dalla lotta per diritti di tutti
Sorelle, amiche, madri e figlie, ma anche compagni, amici e gruppi di ragazzi riuniti nella Capitale, sabato 23 novembre, dal Corteo organizzato da Non Una di meno in occasione della giornata dedicata alla violenza contro le donne. La “marea transfemminista” è partita nel primo pomeriggio da Piazzale Ostiense per poi arrivare, dopo il tramonto, a Piazza Vittorio Emanuele II. Un cammino animato da cori, musica e il suono dei tamburi a dare ritmo alla marcia, ma accompagnato anche da momenti di dialogo ed atti simbolici, come l’immagine del ministro Valditara bruciata con dei fumogeni di fronte al Ministero dell’Istruzione.
Ad alzare bandiere e frasi al cielo sono stati migliaia di donne e uomini, perché di fatto la causa proposta riguarda ogni persona e generazione. Si tratta del diritto di autodeterminarsi, di decidere per se stessi. Il diritto di libertà su un corpo che è privato ma ha anche un significato politico, qui come altrove.
Ed ecco che, accanto alla lotta al patriarcato, alla violenza esercitata dagli uomini, violenza che nel 2024 ha portato finora alla morte di 106 donne in Italia, il Corteo diventa pretesto ed occasione per denunciare ogni forma di discriminazione e limitazione della personale libertà, al di là del genere e dei confini.
Dai carri che hanno diretto il corteo, urlato al megafono e nella lingua dei segni, il messaggio, “Non esisterà una Palestina libera senza la libertà delle donne e non esisterà una libertà delle donne senza una Palestina libera“, perché se è vero che il corpo di una donna è una terra dove invasori rivendicano un’ illegittima colonizzazione, la Palestina è attualmente l’esempio per eccellenza di patria uccisa. Un femminicidio al quale contribuiscono stati e governi, così come patriarcato e libertà limitate contribuiscono a rendere necessari cortei per la violenza sulle donne.