I carabinieri del NOE di Lecce e della secione di Polizia giudiziaria di taranto hanno permesso di individuare una rete di traffico illecito di rifiuti, con cinque persone agli arresti domiciliari
Nelle prime ore del 13 giugno, nelle province di Taranto, Brindisi, Matera e Bari, i militari del Gruppo Carabinieri per la Tutela Ambientale e la Transizione Ecologica di Napoli e della Sezione di Polizia Giudiziaria di Taranto, con il supporto in fase esecutiva dei colleghi delle Compagnie di Manduria (TA), Francavilla Fontana (BR), Castellaneta (TA) e Massafra (TA), hanno dato esecuzione a 5 provvedimenti cautelari personali degli arresti domiciliari ed ulteriori 20 provvedimenti tra reali e patrimoniali, emessi dall’ufficio G.I.P. presso il Tribunale di Lecce su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, per i reati di associazione per delinquere ed attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, gestione illecita di rifiuti speciali e discarica abusiva.
L’indagine, coordinata dalla Procura Distrettuale Antimafia di Lecce e dalla Procura di Taranto, e le attività investigative del Nucleo Operativo Ecologico di Lecce unitamente ai colleghi della Sezione di Polizia Giudiziaria, del capoluogo jonico, è partita dall’abbandono di rifiuti speciali su terreni siti in agro tarantino.
Le indagini dal 2019
Tutto è partito quando nel mese di luglio del 2019, la Sezione di Vigilanza Ambientale – Regione Puglia – Nucleo di Taranto – aveva infatti trovato ritagli e cascami di lavorazioni della pelle abbandonati su terreni del tarantino. Dal tipo di rifiuti, si è cercato di risalire alle aziende produttrici di quei rifiuti, tutte operanti nella produzione di divani nelle aree industriali di Matera, Altamura e Gravina di Puglia.
Grazie a informazioni testimoniali rese dai legali rappresentanti delle ditte, si risaliva a ruolo del principale indagato: è emerso da diverse intercettazioni che una ditta individuale, la Marpelle SNC, da almeno 30 anni scaricava rifiuti in quel modo. Il titolare si presentava alle società come titolare di un’azienda che avrebbe provveduto al recupero dei rifiuti speciali da loro prodotti, con un costo di smaltimento pari a 0,15 al kg.
Poi, dopo aver ritirato i rifiuti stoccati all’interno dei piazzali delle aziende, si faceva pagare in contanti o anche tramite bonifico emettendo a loro carico, in questo caso, fatture con causali false di pulizia del verde o dei piazzali così da consentire alle aziende di contabilizzare, si ritiene illecitamente, un costo sostenuto di fatto di gran lunga inferiore rispetto a ciò che avrebbero pagato smaltendo lecitamente (0,40 al kg).
Alla sua morte, il ruolo primario sarebbe stato assunto da un altro indagato il quale, sebbene incensurato, si ritiene essere colui che reclutava la manovalanza ed al quale i lavoratori si rivolgevano per essere pagati.
Accertamenti investigativi di natura tecnica, osservazione, controllo e pedinamento e le successive attività di intercettazione telefonica ed ambientale, hanno permesso di individure gli altri partecipanti all’associazione che trafficava rifiuti. Sono state stimate circa 3000 tonnellate di rifiuti smaltiti in manera illecita dal sodalizio. Poi i rifiuti venivano bruciati, interrati e nascosti in aree agricole o capannoni. Il profitto circa 550.000 euro, invece di 1.150.000 euro se fossero stati smaltiti in maniera legale.
Purtroppo documentalmente i dati sono inferiori.
Oltre ad eseguire 5 ordinanze di custodia cautelare in regime di arresti domiciliari, venivano altresì sequestrati 5 capannoni industriali, 1 area agricola ove i rifiuti sarebbero stati illecitamente smaltiti, nonché 6 mezzi utilizzati per il trasporto degli stessi.
Cofiscate 100.000 euro circa sui conti correnti delle ditte.
L’odierna operazione si inserisce nella forte e concreta risposta che l’Arma dei Carabinieri, attraverso i numerosi Reparti per la Tutela Ambientale, fornisce nel contrasto alla criminalità organizzata ambientale e alla repressione dei reati ambientali e del traffico di rifiuti su tutto il territorio nazionale e comunitario.
È d’obbligo rilevare che gli odierni indagati e destinatari della misura restrittiva, sono, allo stato, solamente indiziati di delitto, pur gravemente, e che la loro posizione sarà definitivamente vagliata giudizialmente solo dopo la emissione di una sentenza passata in giudicato in ossequio ai principi costituzionali di presunzione di innocenza.