Un caso che ha destato parecchio scalpore, quello verificatosi a Chioggia, dove una professoressa di storia e filosofia di una scuola secondaria è stata destituita dall’incarico. Stando a quanto si apprende, la modalità con cui la donna svolgeva il suo lavoro in classe sarebbe risultata “incompatibile con l’insegnamento”.
In un totale di 24 anni di servizio, la professoressa protagonista del caso in questione avrebbe esercitato la sua professione per solamente 4 di essi. Ben 20 anni di assenza dal lavoro, dunque, a cui si sarebbero sommate tecniche di insegnamento contro le quali i suoi alunni hanno finito per ribellarsi.
“Impreparazione, casualità nell’attribuzione dei voti, mancanza dei libri di testo”: queste sono solamente alcune delle accuse che pendevano sulla professoressa, nei confronti della quale è immancabilmente scattata un’ispezione del Miur. Quanto riscontrato in sede di indagine, alla fine, non ha fatto altro che confermare la tesi sostenuta dagli allievi della professoressa “fantasma”.
Professoressa assente da 20 anni su 24: il caso a Chioggia
Ha prestato 4 anni di servizio in un totale di 24 di insegnamento, di cui solamente 4 sono stati i mesi di fila spesi all’interno di una classe. Accusata di assegnare voti in maniera casuale, di disattenzione durante le lezioni, e persino di giungere in aula sprovvista di libri, contro la professoressa di storia e filosofia di una scuola secondaria di Chioggia era scattata l’ispezione del Miur nel 2013.
La donna, per nulla amata dai suoi studenti, era stata riconosciuta colpevole di “incompatibilità con l’esercizio dell’insegnamento”. L’imputata, tuttavia, non aveva affatto accettato la sentenza delle ispettrici del Miur incaricate di controllare il suo operato, arrivando a presentare ricorso in Cassazione. Un verdetto che il giudice di ultima istanza ha però confermato, destituendo l’insegnante con l’accusa di “inettitudine permanente e assoluta”.
Una vicenda che venne portata alla luce proprio dagli alunni della professoressa, destinataria di assegnazioni annuali. L’insegnante, nel presentare ricorso in Cassazione, si era appellata alla “libertà di insegnamento” che aveva descritto come il fondamento del suo modo di fare docenza. Una tesi, tuttavia, che non è servita a convincere il giudice di ultima istanza.
Ad esprimersi sulla questione, il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara: “Il Ministero si impegnerà sempre più a garantire che l’attività di docenza sia svolta con adeguata professionalità. Ridare autorevolezza agli insegnanti presuppone anche l’autoconsapevolezza della alta dignità del proprio ruolo che ha al centro la persona dello studente”.