Friday 3 May, 2024
HomeItaliaAttualità ItaliaCosa è successo in Russia: il Cremlino trema, ma la rivolta di Prigozhin fallisce miseramente

La Wagner si è fermata a pochi chilometri da Mosca e il tentativo di spodestare Putin sembrerebbe essersi risolto in un nulla di fatto. Intervengono anche Bielorussia e Turchia

Torniamo indietro per non spargere sangue“, sono le parole del capo dei soldati “mercenari” della Wagner, Prigozhin, dopo essere arrivato con i carri armati a pochi chilometri da Mosca. Gli edifici pubblici evacuati, i mitragliatori sull’autostrada e gli unici con il permesso ad uscire in strada sono gli incaricati da Putin di far sparire i centinaia di cartelloni pubblicitari con scritto “Wagner: arruolati!“.

Putin, in volo verso San Pietroburgo, ha ascoltato sicuramente la notizia. Messia salvatore si è autoproclamato il bielorusso Lukashenko, come mediatore nell’aver convinto i ribelli a fermarsi. Il capo della milizia Wagner, Prigozhin, è sotto accusa dal Cremlino di aver ordinati al suo “esercito” una ribellione in armi contro Putin.

Cosa è successo

E’ accaduto dopo tre mesi di botta e risposta con il Cremlino fatte di accuse di Prigozhin al capo della Difesa russa, Shoigu. Anche se l’interpetazione iniziale della Wagner potesse lasciare spazio a delle ipotesi tutt’altro che guerrigliere – ma per lo più ad una semplice spallata di ferro agli alti vertici delle forze armate – il fatto che dal Cremlino è arrivata immediatamente condanna di alto tradimento ha definitivamente consacrato l’ex chef di Putin. Infatti, per chi non lo sapesse, il “piccoletto” Prigozhin cucinava per l’alta carica dello Stato russo fino a che i soldi, finiti nelle sue tasche, l’hanno trasformato nel grande uomo a capo di un esercito mercenario. Anzi, ora da piccolo chef è diventato colui che ha osato sfidare Putin ingaggiando un colpo di Stato (e fallendo).

Il “piccolo” ex chef di Putin

La storia continua di venerdì, in serata, quando i miliziani della Wagner, dopo aver annunciato via Telegram un “attacco con missili” con “molte vittime” e definendo queste azioni come “golpe del Ministero della Difesa russo“, Prigozhin e i suoi hanno attraversato la frontiera ucraina, verso la Russia, e hanno occupato senza resistenza, la città di Rostov. Ne hanno preso il controllo, ma a quanto pare senza alcuna resistenza. Come? Questo dettaglio lascia spazio ad ipotesi: sembrerebbe che la disobbedienza dell’ex chef di Putin sia stata pianificata assieme a forze interessate ad aprire ad un fronte russo interno sotto i piedi del grande capo del Cremlino, così da obbligarlo ad occuparsi di mantenere il potere a Mosca e a mollare il braccio di ferro in Ucraina.

Oppure, in molti pensano che a convincere la Wagner contro Putin possano essere stati interni poteri interessati a chiudere la guerra contro Zelensky prima di perdere ancor più di quanto perso finora. Inoltre, gli oligarchi russi sono tanti e tanti sono anche quelli che non vogliono impantanarsi come Putin sta facendo in Ucraina. Intanto, Médvev, il Capo del Consiglio di sicurezza, parla di “nemici interni ed esterni“, prima di dare pieno sostegno a Putin “il capo in Russia è uno, non sono nè due, nè tre“.

All’attacco

Nella giornata di sabato la lunga crociata da Rostov in direzione Mosca. La Wagner, partita a bordo di carri armati e camion militari arriva a mezzogiorno a 500 km dalla capitale. Lì si sono fermati e si è avuto il primo scontro armato contro i fedeli putiniani. Agenzie e testimoni hanno confermato che nel primo pomeriggio, gli elicotteri russi hanno aperto il fuoco contro i tank della Wagner fermandoli sull’autostrada M14. Su quella stessa strada, all’entrata di Mosca, sono stati piazzati mitragliatori, le foto sono state mostrate dai giornali del Cremlino.

La ritirata

Putin è sceso sul maxischermo: ha accusato gli insorti di altro tradimento e ha ribadito che l’esercito sotto il suo comando deve ristabilire l’ordine. La risposta di Prigozhin è stata: “Non ci arrenderemo, sarà guerra civile“. A Kiev si festeggiava. Il presidente Zelensky ha cavalcato l’onda della rivolta definendola “dimostrazione della debolezza russa” e che “quanto più a lungo Mosca manterrà le sue truppe in Ucraina, quanto più caos e dolore causerà a se stessa per il prossimo futuro“. Parole di certo non da qualcuno che questa guerra la sta vincendo, nonostante il portavoce ucraino assicura di aver liberato posizioni nel Donbass. Inoltre, il ministro degli Esteri, Kuleba, fa circolare un messaggio chiaro: “Tutti quelli che hanno detto che la Russia era troppo forte per perdere guardino adesso cosa sta succedendo“.

L’Erdogan contraddittorio

La Turchia interviene, ma internamente sembra mostrare contraddizioni. Da Ankara parte un messaggio: “Dare subito all’Ucraina tutte le armi di cui ha bisogno. Dimenticarsi dell’amicizia o affarri con Mosca. E’ ora di smettere di appoggiare il male“. Erdogan, però, avrebbe “dato pieno appoggio” a Putin in una telefonata. Altre fonti hanno poi fatto uscire notizie secondo cui il capo turco vorrebbe fare da mediatore tra il Cremlino e la Wagner (un Lukashenko 2), come si era dichiarato pronto a farlo tra Mosca e Kiev.

Dalla Casa Bianca si alza la voce di Blinken che fa sapere: “Stiamo tenendo la situazione monitorata insieme ai nostri alleati“. Alla destra e alla sinistra di Putin, nel frattempo la Crimea e il Donetsk (territori ucraini annessi al Cremlino), mentre nel corso della giornata di ieri dalla Duma correvano per dire “Io sto con il mio capitano Putin!”.

La rivolta fallita

Oggi esce il titolone da un giornale, secondo gli americani: “Putin sapeva del piano“. Pechino appoggia Mosca nel mantenimento della stabilità nazionale“, Prigozhin ha deposto le armi e sembrerebbe che il “messia” Lukashenko sia davvero il portatore della pace. Fanno sapere che “lo chef di Putin” non verrà perseguitato, anzi esilio in Bielorussia, mentre i mercenari continuano la ritirata.

Il piccolo uomo Prigozhin è ritornato piccolo e chissà se ora farà lo chef di Lukashenko?

Autore

Andrea Bocchini

Classe ’98. Laureato in Comunicazione giornalistica, pubblica e d’impresa a Bologna. La mia più grande passione, il giornalismo. Scrivere, leggere e viaggiare i miei più grandi interessi. Il mio amore musicale, Fabrizio de Andre, il mio motto: “Per chi viaggia in direzione ostinata e contraria”.