Un futuro da decidere, il sogno è rivedere il Carotti pieno di tifosi
Chiedi a Luca Paradisi un’intervista e la mente vola indietro di qualche settimana, al match con la Fermignanese, a quella rete che a distanza di tempo ancora emoziona, agli oltre 300 tifosi jesini saliti per seguire il match, come forse non era mai accaduto durante il campionato.
Se è vero che i meriti e i demeriti (quando ci sono stati) vanno sempre divisi tra tutti, lo confesso: in un paio di occasioni mi è capitato di scrivere che Luca Paradisi aveva portato a scuola compagni e avversari. Non credo di aver esagerato, mi era venuta così: poi nell’intervista Paradisi non mette mai sé stesso davanti agli altri, ma esprime gratitudine nei confronti di compagni, società, tifosi.
«Quella di Fermignano è stata una giornata memorabile, bellissima – sono le prime parole di Luca Paradisi– per me, per i miei compagni, per tutti i dirigenti, il presidente e penso anche per tutti i tifosi della Jesina che erano presenti. Il mio gol è stato per tutti una liberazione; è stata veramente una bella giocata, mi sono intrufolato in area, poi sono stato toccato da un avversario, a quel punto mi son sbilanciato e lì magari sono stato anche bravo e anche un po’ fortunato a vincere il primo rimpallo, poi bravo anche nel secondo perché mi son portato la palla in avanti e in un mezzo metro sono riuscito a tirare in porta e vedere dov’era il portiere. Bravo e fortunato perché la palla si è insaccata sul secondo palo. È stata una sensazione bellissima, la sensazione che credo abbiamo provato anche i compagni. Come se la partita fosse finita, il gol è stato una liberazione.»
«Cosa ti ha spinto ad accettare di venire a Jesi?»
«Sicuramente la scelta di Jesi non è stata facile, ciò che mi ha spinto a venire è che conoscevo alcuni giocatori come Zandri, avevo sentito parlare anche del capitano Kevin Trudo anche se non lo conoscevo di persona, poi erano stati già ingaggiati giocatori come Lapi con cui avevo vinto il campionato a Matelica, conoscevo come avversario Tittarelli, giocatore importante, quindi avevo capito che a Jesi si poteva fare qualcosa di importante; però sapevo anche delle grandissime difficoltà che c’erano, perché si era creata questa cosa con i tifosi, una situazione un po’ delicata. Dentro di me speravo che le cose potessero cambiare. In più volevo mettermi in gioco in una piazza importante come Jesi.»
«Qual è stato il momento di maggiore difficoltà durante il campionato?»
«Sicuramente quando abbiamo subito tre o quattro sconfitte di fila, tra dicembre e i primi di gennaio. Un momento molto difficile perché la Fermignanese era prima a più sei, sette punti e noi eravamo incappati in quelle sconfitte di fila. In quel momento la cosa più difficile è stata rendersi conto che nessuno ci poteva aiutare, non c’era pubblico, eravamo soli. Lì siamo stati veramente bravi a ricompattarci, senza piangerci addosso. Abbiamo lavorato sul campo tutti insieme, noi e lo staff per cercare di migliorare la situazione.»
«A chi vorresti dedicare questa vittoria di campionato?»
«Sicuramente questa vittoria la dedico a tutta la mia famiglia, in primis alla mia compagna che mi supporta sempre, a mio figlio Vittorio che mi ha seguito spesso e ha compiuto cinque anni il giorno dopo la vittoria di Fermignano, mia madre, mio fratello e sua moglie che ci hanno sempre seguiti quest’anno. E poi vorrei anche condividerla con tutti i miei compagni e tutta la gente di Jesi che ci ha sostenuto.»
«Hai già pensato al tuo futuro?
«Ancora è un po’ prematuro anche perché con la società non abbiamo ancora parlato, loro sicuramente dovranno programmare la stagione, quindi ancora ci vorrà un pochino di tempo. Quello che mi sento di dire è che quest’anno mi son trovato molto bene con i miei compagni, con lo staff, con tutti quanti quelli che ci hanno sostenuto a livello dirigenziale, una cosa che mi auguro è di rivedere quello stadio pieno e che tifosi e società si possano riappacificare.»