Friday 17 May, 2024
HomeAttualitàLa musica, l’illusione e il valore delle parole. Il cantautore Edda si racconta

Sarà Edda, al secolo Stefano Rampoldi, a chiudere la prima edizione di Spop Festival. Dedicato “all’altra musica”, il Festival da giovedì ha diffuso note dal vivo in città con concerti, performance e djset organizzati tra Teatro Pergolesi ed alcuni locali del centro.

Dopo un venerdì che ha reso protagoniste la cantautrice jesina Talèa e la milanese Marta Tenaglia, teatro Pergolesi si prepara ad ospitare l’ultimo grande ospite del Festival: il cantautore Edda. Ad introdurre il suo concerto, l’esibizione del giovane autore dell’anconetano Paolo Fioretti.

Con un inizio carriera alla fine degli anni Ottanta come cantante della storica band Ritmo Tribale, Edda è parte della storia della musica italiana. Quella senza filtri, spirituale ed evocativa.

Con la band degli esordi realizza cinque dischi e centinaia di concerti, prima di una crisi personale e profonda che lo porterà lontano dalle scene e dall’Italia per dodici anni. Fino al 2009, quando Edda torna a dialogare con il suo pubblico con un primo album da solista dal titolo “Sempre Biot“. Seguono gli EP “Live in Orbita” nel 2010, “Odio i Vivi” nel 2012, “Stavolta come mi ammazzerai?” nel 2014, prodotto da Fabio Capalbo e osannato dalla critica come uno dei dischi italiani più belli del decennio, “Graziosa Utopia” nel 2017 e “Fru Fru” nel 2019, fino alla sua ultima creazione, “Illusion”, che sta attualmente portando in tour per l’Italia.

Spop è un appuntamento di questo tour. L’occasione per il pubblico marchigiano di toccare con mano la sua musica e la sua sincerità.

L’abbiamo incontrato prima della sua prima volta sul palco del Pergolesi, in un racconto dalle sue origini al tempo presente.

Tu inizi il tuo percorso artistico molto giovane, hai circa vent’anni, fai parte di una band che ha fatto la storia della musica italiana che è Ritmo Tribale, poi per un periodo ti ritiri dalla scena. È stata la musica a farti scegliere di tornare?

Purtroppo per voi si! Uno potrebbe dire: “ma stavamo così bene”; però d’altronde anch’io nel mondo qualcosa dovevo fare e ho visto che anche se lo faccio male, il musicista è la cosa che mi viene meglio. Quindi vi tocca continuare ad ascoltarmi.

Quando torni, una porta di accesso attraverso la quale rientri in contatto con il pubblico è proprio un canale YouTube. Hai trovato un mondo cambiato da quello che avevi lasciato negli anni Novanta

Si assolutamente. Pensa che ero appena tornato dall’India e vedevo la gente che continuava a fissare i telefonini. “L’avrà appena comprato” pensai. Poi ho capito che li guardavano perché erano diventati ormai una componente importante della loro vita. Così ho iniziato ad usare anch’io quel modo di comunicare che ovviamente aiuta anche me e chi fa il mio mestiere a parlare con il pubblico.

Come si proporrà Edda ad una platea giovane come potrebbe essere quella di Spop?

Io pensavo di fare come Filippo Timi che ho visto a teatro. È uscito in scena con una musica che non c’entrava niente con lo spettacolo, sulle note di “Se bruciasse la città”, per poi buttarsi tra il pubblico che è letteralmente impazzito, specialmente quello femminile. Forse mi cacceranno ma mi butterò tra il pubblico anch’io. Sarà un omaggio che faccio a lui. Poi inizierò anche a cantare perché avrò con me un gruppo che mi dà grandi soddisfazioni.

Quindi non sarai da solo sul palco

No, vi risparmio questa tortura! Sono reduce dal momento più alto della mia carriera perché il 31 marzo ho aperto il concerto dei Verdena a Roma, e l’ho fatto insieme al mio gruppo. È una band che mi valorizza molto, e sono molto bravi.

Parlando invece dell’album che stai portando in giro per l’Italia e che presenterai anche al Pergolesi, come nasce Illusion?

Illusion nasce quando il produttore del disco Gianni Maroccolo mi ha proposto di produrre i miei brani ed io ho accettato a braccia aperte. Dopodiché, ho proposto le mie canzoni, ci abbiamo lavorato insieme e lui mi ha permesso di realizzare quest’opera alla quale sono molto legato

Leggendo i testi dei tuoi brani ho notato molta sensibilità nella scelta delle parole, ed al tempo stesso la scelta di usarne poche per parlare di tematiche molto attuali ed importanti

Per me questo è un complimento. Io nei testi non sono logorroico. A me la musica ha sempre dato tante emozioni e le mie parole nascono da un subconscio, corrispondono al mio stato d’animo di quando scrivo. Al tempo stesso sono piuttosto stringate e semplici, ma per me captano un suono evocativo. Alcuni dei miei colleghi spesso partono dall’inglese e poi rifanno il testo all’italiana. Io invece vado direttamente dall’italiano e cerco parole che sono nella pancia, nel corpo , semplici ma profonde.

Un’ultima domanda prima di chiudere il cerchio. Abbiamo citato il tuo album che già nel titolo porta l’importanza dell’illusione, dell’incanto. Secondo te la società di oggi è più illusa o disincantata?

Beh, siamo assolutamente più illusi. L’uomo del medioevo rispetto all’uomo di oggi è un illuminato. Perfino Nerone che ha bruciato Roma, in confronto a noi, era un filantropo. Stiamo vivendo una preistoria tecnologica; siamo tecnologicamente avanzati ma umanamente stiamo tornando ai primitivi, ammesso che siano mai esistiti.

Autore

Giorgia Clementi

Nata sotto il segno del leone, cresciuta nella capitale del Verdicchio. Dopo la maturità classica al Liceo Vittorio Emanuele II di Jesi scopro l'interesse per il mondo della comunicazione che scelgo di assecondare, dapprima con una triennale all'Università di Macerata, ed in seguito con una laurea magistrale in Giornalismo ed editoria all'Università di Parma. Spirito d'iniziativa, dinamismo, (e relativa modestia), i segni che mi contraddistinguono, insieme ad un amore unico per le bellezze del mio territorio.