Dico la verità: non posso non esprimere la mia gratitudine, verso la Fondazione Gabriele Cardinaletti, che mi ha dato la possibilità di condurre l’incontro con Gordan Firic, “il primo campione straniero del basket jesino” come l’ho definito, aprendo l’evento di ieri mattina, nell’ambito della manifestazione “Jesi e il 900 verso il 2050”, affiancato da uno dei ragazzi della Fondazione, Gianmarco Gherardi.
Firic ha ripercorso le tappe salienti della sua vita, piena di alti e bassi come l’ha definita. Per prima cosa la guerra, scoppiata inaspettatamente: «siamo scesi dall’aereo, di ritorno da una partita di Coppa di Jugoslavia a Nîs e abbiamo trovato la pista piena di uomini armati.» Poi i mesi trascorsi nella Sarajevo assediata, con tante privazioni, la famiglia lontana chissà dove, la fuga organizzata per un gruppo di cestisti bosniaci diretti in Germania per gli europei, attraversando la pista dell’aeroporto della città, con il rischio di finire nel mirino dei cecchini.
I ricordi hanno poi toccato la sua nuova vita, iniziata grazie al basket, anche questa con diversi intoppi, per un grave infortunio subito a Modena; proprio a Jesi, ha sottoscritto il primo contratto importante.
C’è stato spazio per citare due jesini che sono stati fondamentali per la sua carriera sportiva, l’allora direttore sportivo Armando Bigi, che aveva trovato il modo di tesserarlo come italiano e Alfiero Latini, che, di fronte alle offerte economiche di altri club, si era sempre offerto di provvedere personalmente a colmare le differenze.
Partito da Jesi, esperienze in Turchia, Grecia, Germania ed una breve parentesi, di ritorno a Jesi per i play-off, segnati purtroppo da un altro infortunio.
Oggi Firic è di nuovo a Jesi per crescere i giovani del settore giovanile dell’Aurora; abitando vicino alla sede in cui si sono susseguiti gli eventi, ha raccontato di aver visto con tanta curiosità la presenza di tanti giovani. Non si è sottratto alla parte del tema riguardante il 2050, soffermandosi a dispensare consigli ai giovani e alle loro famiglie, ricordando quando, a soli 14 anni partì alla volta di Sarajevo per iniziare la grande avventura del basket. Ha anche ricordato all’Assessore allo Sport Samuele Animali, presente in sala, l’importanza di spazi per giocare, non solo per il basket, ma anche per le altre discipline sportive.
Non ci poteva essere migliore assist per il presidente Andrea Cardinaletti, che ha avuto la possibilità di ricordare uno dei progetti che la Fondazione sta portando avanti, che riguarda l’area nei presso del palaTriccoli, dello Stadio Cardinaletti ai quali si sta aggiungendo la nuova Casa della Scherma. Un’area che verrà potenziata, con attrezzature sportive e campi all’aperto, dedicati anche a coloro che, pur non essendo tesserato con federazioni sportive, possono dedicarsi ad attività all’aperto. Saranno anche estese le aree verdi.
Firic ha parlato di amore per la vita, di come lo sport vada affrontato, appunto, con amore, con una ulteriore raccomandazione, trovare sempre la forza per superare le avversità; così mi è venuto spontaneo ripensare a quanto, troppo spesso, giudichiamo gli sportivi solo dai risultati, senza entrare nel loro vissuto, nei sacrifici, nelle privazioni e gli ostacoli, che la vita spesso propone.
Forse si è trattato di una delle tante chiavi di lettura degli avvenimenti che hanno dato un senso a questi cinquanta giorni di eventi: «la formica è diventata un elefante», ha dichiarato Andrea Cardinaletti. Impossibile dargli torto.