Thursday 21 November, 2024
HomeDi libro in libro“Uvaspina”: l’esordio di Monica Acito che chiagne e cura i dolori degli altri

L’incipit di Uvaspina, scritto dalla giovane autrice Monica Acito e edito da Bompiani, apre la porta di una casa del quartiere Chiaia di Napoli. È lì che vive Graziella conosciuta da tutti come la Spaiata.

Quel quartiere benestante non è da sempre casa sua. “Lei era una del vico Limoncello” che “per campare faceva la chiagnazzara“. Per vivere cioè, piangeva “alla testa di tutti i funerali di Napoli“, testimone di un lavoro presente già nell’antica civiltà Grecia, quando le prefiche piangevano morti su commissione.

Pasquale Riccio rimane colpito dalla bellezza spaiata di Graziella e dalla sua vocazione, mentre la donna piange suo padre. Dall’appuntamento paterno con la morte nasce un amore consacrato da un matrimonio, due figli e una scalata sociale che porta la donna nel quartiere ricco di Chiaia.

Sta morendo quando i lettori la incontrano nella prima riga del libro. O meglio, i suoi figli, Uvaspina e Minuccia stanno aspettando che la madre muoia, proprio come “tutti i mercoledì“.

Tra dramma e ironia, lo spaccato di vita mostrato, rende protagonista la tragicomica identità napoletana. È una sceneggiata, proprio come i pianti su commissione dei funerali del passato, e nasce perché Pasquale, ogni mercoledì esce di casa senza far sapere la sua destinazione. Così, per convincerlo a restare, Graziella “ricicla l’arte del chiagnere e fottere” mettendo in scena la sua morte, ma questo non basta a trattenere il marito al suo profano capezzale dove invece restano i due figli.

Uvaspina è il primo. Il libro porta il suo nome. È il protagonista di un romanzo corale e familiare, con la realtà che lo circonda a forgiarne tratti e reazioni. Presentando il suo libro, l’autrice racconta che l’idea nasce da uno sciroppo all’uvaspina bevuto da piccola. Una vecchia nel rione sanità le aveva raccontato come quella piccola bacca fosse spremuta per alleviare i dolori degli altri e, proprio come un frutto, l’idea di Uvaspina matura in Monica finché non trova il suo corpo nel personaggio di Carmine.

Tutto in lui era buccia di frutto“, il pallore della pelle, “le venuzze azzurre sulle tempie“, come “scorza di uvaspina traslucida“. L’autrice svela sin dalle prime pagine il protagonista tormentato del romanzo. Napoletano e omosessuale, Carmine passerà la vita segnato dal destino di essere “spremuto“, schivando gli attacchi, evitando di attirare l’attenzione.

Minuccia è sua sorella. Pasquale e Graziella la concepiscono dopo il funerale della nonna paterna. È anch’essa figlia di un appuntamento con la morte trasformato in un incontro fertile d’amore. Se Carmine è Uvaspina, Minuccia è una tradizionale trottola napoletana, uno “strummolo“, che ben incarna una tempra fatta di scatti d’ira e sadismo. “Tutto in Minuccia era movimento e rotazione” e nonostante fosse simile a lui “nel modo di morsicarsi l’interno della guancia, mangiarsi le pellicine delle unghie e torturarsi le punte dei capelli neri“, a Uvaspina era chiaro come sua sorella non fosse destinata ad essere schiacciata a terra bensì ad elevarsi al cielo, spinta dalla sua stessa forza centripeta.

Eros e Thanatos pervadono il romanzo. La morte che si lega all’amore, uno dei topoi più antichi della letteratura. La Spaiata e Pasquale lo tramandano ai loro figli. È il legame fertile che partorisce la storia. È il suo nutrimento.

Dal fondo del romanzo, si palesa chiaramente in superficie con l’arrivo di Antonio, l’amato di Uvaspina. Nei suoi occhi vive la malizia narrativa di Napoli, di una città che piange dal basso. È colui che incarna la cultura popolare partenopea, quella cruda, terrena e carnale, che tocca il cuore e poi chiede il conto.

Per questo, l’autrice definisce il suo lavoro d’esordio come un romanzo duro ed oscuro. In Uvaspina convivono passione ma anche violenza e dramma, mentre l’identità napoletana emerge dai personaggi e dalla scrittura. L’amore per la trovata linguistica, che serve per ridere anche delle cose più macabre, pervade il libro insieme alla ricerca di elementi stranianti per descrivere la realtà. Una caratteristica quest’ultima, che in un fil rouge lega l’autrice ai suoi modelli letterari, al realismo magico di Gabriel Garcìa Marquez, all’Iguana di Anna Maria Ortese.

La stessa prosa ha il magico potere di intrappolare il lettore nel libro. Incanta. È magmatica. Incandescente come la lava del Vesuvio. Ti cola addosso e lascia il segno. Come la storia. Come Uvaspina, Minuccia e la Spaiata. Come un romanzo che “chiagne” storie disturbanti e “fotte” segnando i cuori.

Autore

Giorgia Clementi

Nata sotto il segno del leone, cresciuta nella capitale del Verdicchio. Dopo la maturità classica al Liceo Vittorio Emanuele II di Jesi scopro l'interesse per il mondo della comunicazione che scelgo di assecondare, dapprima con una triennale all'Università di Macerata, ed in seguito con una laurea magistrale in Giornalismo ed editoria all'Università di Parma. Spirito d'iniziativa, dinamismo, (e relativa modestia), i segni che mi contraddistinguono, insieme ad un amore unico per le bellezze del mio territorio. L'idea di fondare Capocronaca, insieme a Cristina, nasce all'inizio del 2023. Nelle sue fondamenta, la volontà di dare ai lettori una voce nuova da ascoltare e scoprire insieme a loro, cosa accade ogni giorno.