Il mare color del vino torna a far tappa in provincia di Ancona.
La rassegna regionale ideata dal filosofo Cesare Catani che, dall’inizio di novembre, sta portando nei locali delle Marche i canti dell’Odissea, è stata ospitata domenica dal Jack Rabbit, nel cuore di Jesi. Un viaggio di ritorno da Itaca iniziato in provincia di Ascoli Piceno, passato per la provincia di Ancona con la tappa di Maiolati Spontini alla biblioteca La Fornace lo scorso 11 novembre, quando il pubblico ha ripercorso l’incontro tra Ulisse e Nausicaa, nell’isola dei Feaci.
A Jesi, dopo 20 anni, l’eroe ha rivisto la terra tanto desiderata. Ma prima di Itaca, vi è un ultimo tassello da rievocare che, Catani ha raccontato al numeroso pubblico presente.
L’episodio di Circe, “colei che già nel nome evoca qualcosa di sinistro, magnetico ma pericoloso. La grande dama, sapiente e terribile. La signora delle bestie, delle erbe e dei morti“.
Nota per trasformare gli uomini in animali e dipinta dalla tradizione come una maga, la Circe omerica è in realtà custode di un antico culto matriarcale che già i Greci avevano dimenticato. “Una donna la cui sapienza precede la conoscenza logica che l’eroe ha del mondo“. Odisseo resterà nell’isola di Eea per un anno nel quale, legandosi con Circe, apprenderà “una conoscenza muliebre femminile e antica“.
Circe non lo trattiene con la magia, perché grazie ad Hermes Odisseo non poteva essere colpito da incantesimi: “non può averlo incantato perché lui era schermato. Non c’era nessun incantesimo, ciò che fa rimanere l’eroe è l’amore. Ulisse si era innamorato, aveva perso la testa per lei. Rimane sull’isola trattenuto dal sentimento più incontrollabile“.
Dopo un anno, continua il racconto, Odisseo le dice di voler tornare ad Itaca e lei “scompare“. Non cerca di trattenerlo perché, come dice all’eroe, “nessuno resta nell’isola di Eea controvoglia“. Ma mentre sta per partire gli annuncia che, l’unico modo per vedere Itaca, è passare per il regno dei morti, per Scilla e Cariddi e per il mare delle sirene.
Un luogo, quest’ultimo, dove l’eroe potrebbe essere tradito da uno dei suoi principali tratti: la curiosità.
“Solo Orfeo era riuscito a salvare gli Argonauti dalle sirene incantandole con il suo canto. Ma Odisseo sa di non essere bravo a cantare come Orfeo, così ha la geniale intuizione di mettere nelle orecchie della cera per non sentire la loro voce“.
È Circe a questo punto a metterlo di fronte alla realtà: “Lei lo conosce a tal punto da sapere che la curiosità lo tradirà, che si toglierebbe la cera per sentire il canto delle sirene di cui sente parlare sin da bambino. Lui si fida perché sa che lei ha ragione e, al posto di mettersi la cera, ordina ai suoi compagni di farsi legare alla nave“. La lettura del canto è profonda, l’aedo ci ricorda che per tornare, per riappropriarsi di se stessi, occorre affrontare chi si è, le proprie paure, il proprio carattere.
“Gli dei sanno di noi cose che neanche noi sappiamo. Qualcosa che sfugge alla nostra conoscenza. È la teoria dell’inconscio 26 secoli prima di Freud. Se non fa i conti con quel grido, con le paure più profonde, Odisseo non sarebbe tornato a casa. Vale per l’eroe ma anche per tutti noi“.