Il regista Tommaso Franchin: ” storia che parla di Cesare ma anche di conquiste e dominazione. Parla, in un certo senso, di noi Europei”
Dopo il debutto con il Così fan tutte di Mozart, seguito dal rossiniano Barbiere di Siviglia, la 56esima Stagione lirica di Teatro Pergolesi continua con il terzo titolo in programma. Una nuova produzione che porterà in prima mondiale l’opera contemporanea De bello gallico, con musica di Nicola Campogrande su libretto di Piero Bodrato. tratta dai Commentarii omonimi di Caio Giulio Cesare.
L’opera debutterà venerdì 24 novembre ore 20.30, con replica domenica 26 novembre alle ore 16 accessibile anche ad un pubblico di non vedenti e non udenti.
La direzione è affidata al maestro Giulio Prandi, tra i più stimati interpreti in festival e teatri internazionali, particolarmente attivo in ambito barocco. Suona il Time Machine Ensemble, canta il Coro Universitario del Collegio Ghislieri, maestro del coro Luca Colombo. La regia è di Tommaso Franchin, già regista a Martinafranca di Opera Italiana di Campogrande/Bodrato. Le luci sono di Marco Scattolini mentre scene e costumi sono affidate a Daniel Mall e Gabriele Adamo, i due studenti che hanno ottenuto una scrittura artistica in questa produzione in quanto vincitori della III edizione del Concorso dedicato a Josef Svoboda “Progettazione di Allestimento scene e costumi di Teatro Musicale” riservato a iscritti al Biennio di Specializzazione in Scenografia delle Accademie di Belle Arti di Macerata, Bologna, Venezia e Carrara.
Ad interpretare il protagonista Cesare ci sarà il baritono Giacomo Medici (Cesare), mentre il tenore Oronzo D’Urso, sarà sul palco nel doppio ruolo di Aulo Irzio/Vercingetorige insieme al soprano ucraino Nikoletta Hertsak nel ruolo della Figura Allegorica.
“È l’opera che celebra l’impresa del condottiero, nel linguaggio scarno del resoconto militare, ma è anche il testo che fonda la grandezza del futuro dictator perpetuus di Roma, personaggio storico tra i più famosi di tutti i tempi e purtroppo modello di molti futuri dittatori che si sarebbero affacciati al palcoscenico della storia”, spiega il librettista Piero Bodrato.
“Con i mezzi, i ritmi, il suono della contemporaneità, in ogni mia partitura cerco di non perdere mai di vista il piacere, sensoriale e intellettuale”, spiega il compositore Nicola Campogrande. “In questo senso, il De bello gallico prosegue la tradizione dell’opera buffa italiana – seppur con qualche momento commovente o drammatico – con arie, cori, duetti, concertati che, con un linguaggio nuovo, si collegano a strutture codificate e riconoscibili dal pubblico. Le melodie sono chiare, memorizzabili. E la scrittura strumentale nasce in supporto alle voci, per mettere in evidenza la gioia di raccontare una storia attraverso il canto”.
L’opera ed i personaggi
L’opera affronta, attraverso la figura e le imprese di Giulio Cesare, i meccanismi del potere, dell’autocelebrazione, della seduzione delle masse, della guerra. Tutti temi drammaticamente molto attuali su un libretto liberamente derivato dai Commentarii de bello gallico, uno dei libri più famosi di tutta l’antichità, dedicato alla cronaca della lunga serie di campagne militari che, tra il 58 ed il 49 a.C., portarono il console Gaio Giulio Cesare a conquistare la Gallia Transalpina.
Nell’opera, Cesare incarna, alternandole, due figure. La prima è il Cesare della tradizione, il personaggio storico, l’uomo politico spregiudicato, che attraverso il racconto delle proprie imprese, sta costruendo la propria immagine. La seconda è invece quella dell’essere umano. Vanitoso, intelligente, abile manipolatore, spietato con i nemici quanto con gli stessi romani quando non gli siano alleati e fedeli, impegnatissimo in alleanze e intrighi, impassibile ma nevrotico e vittima di feroci mal di testa.
Intorno al protagonista del De Bello si muove il coro maschile, che rappresenta di volta in volta due gruppi umani: le moltitudini dei suoi legionari (rappresentati dall’amata Decima Legione), infaticabili combattenti, sorprendenti ingeneri, militari disciplinatissimi e micidiali; e le moltitudini dei popoli della Gallia, sconfitti, umiliati e cancellati da Cesare.
Con loro è presente in scena anche un soprano, una Figura Allegorica che rappresenta di volta in volta – e sorprendendo tutti – personaggi diversi: si presenta infatti, a seconda delle occasioni, come la Fortuna, la Gloria, Roma… E poi c’è un tenore: nel primo atto interpreta lo scrivano di Cesare, Aulo Irzio, che si occupa di stendere i Commentarii “De bello gallico”; nel secondo atto veste invece i panni di Vercingetorige, che prima è l’icona della resistenza gallica e poi diventa lo schiavo in catene presso la tenda di Cesare.
“Vedrete toghe? No. Vedrete i Galli alla Asterix e Obelix? No. Vedrete dei lottatori, dei boxeur, vedremo la strategia e la vittoria del loro leader e vedremo Cesare che, dall’antica Roma, arriva ai giorni nostri”, spiega il regista Tommaso Franchin. “Questa – aggiunge – è una storia che parla, ovviamente, di Giulio Cesare e della sua impresa, ma parla anche della nascita di un dittatore; parla di conquiste, di dominazione, di colonialismo, del sentimento di superiorità che anima chi sottomette e conquista un altro popolo. Parla, in un certo senso, di noi Europei. Cerco di costruire, in scena, un mondo che racconta tutto questo. “
Posto unico platea e palchi: 25 euro, ridotto 22 euro per under 18 e over 65. Loggione 10 euro.