Wednesday 6 August, 2025
HomeComunicati stampaSenigallia, il presidente Bello: “Offendere il consiglio durante il voto è esecrabile”

Noi siamo soliti considerare come “buoni ascoltatori” solo quelli che condividono le nostre opinioni, senza accettare, il più delle volte, qualsivoglia forma di dissenso o di parere diverso. Ma, spesso, le opinioni fondate sui pregiudizi sono sempre quelle sostenute con violenza, anche verbale. E ciò non credo possa essere sempre consentito. Quanto accaduto mercoledì pomeriggio, in aula consiliare, è stata la più netta dimostrazione di come non tutti siano stati considerati dei buoni ascoltatori!

Votare l’invio in Commissione di una proposta non è stata una “furbata”, come è stato scritto da alcuni, e non ha rappresentato affatto un voto contrario alla mozione. Ma è stata l’espressione della volontà di un’aula che ha chiesto, con quel voto, libero e democratico, una riflessione più ampia e non divisiva di un documento, importante e delicato, proprio per il tema trattato.

Ho letto, con attenzione anche i diversi comunicati stampa diramati in questi giorni dai “buoni ascoltatori”. Legittimo criticare, anche aspramente; ingeneroso, invece, offendere e denigrare il Consiglio per avere espresso il suo voto, nel pieno esercizio delle sue funzioni.L’istituzione Consiglio rappresenta la massima espressione della volontà democratica della comunità cittadina ed è, a pieno titolo, organo di governo della città. Per questo motivo, non è tollerabile che vengano rivolti insulti o offese, dirette o indirette, nei suoi confronti e verso i suoi componenti, per un voto – e lo ricordo a tutti – espresso nell’esercizio di quella libertà di espressione, che il nostro ordinamento tutela.

Il confronto democratico può e deve essere anche acceso, ma non può mai degenerare in attacchi gratuiti e diffamatori, che ledono la dignità del Consiglio comunale nel suo insieme. È stato, quindi, del tutto inopportuno e scorretto esprimere valutazioni denigratorie nei confronti di un voto legittimamente espresso in seno al Consiglio comunale perché tali comportamenti rischiano di confondere chiunque su ruoli, competenze e responsabilità.

Se l’obiettivo fosse stato davvero quello di ottenere un documento condiviso nel merito, avrebbe dovuto e potuto intraprendere un’altra direzione, eventualmente chiedendo, ab origine, di trasmettere quella proposta alla Presidenza del Consiglio comunale e a tutti i Capigruppo consiliari. In questo modo, il dibattito avrebbe potuto sortire altri effetti diversi e l’aula avrebbe potuto esprimersi diversamente. Invece, c’è chi ha deciso di percorrere una strada non del tutto istituzionale, avvalendosi di una parte delle forze politiche presenti in Consiglio ovvero scegliendo, di fatto, un precipuo tratto distintivo da dare alla mozione. La condivisione e la ricerca dell’unità sono tutt’altra cosa.

In aula, in ossequio al Regolamento per il funzionamento dei lavori consiliari, che suggerisco a tutti di leggere attentamente, i proponenti e i firmatari della mozione hanno illustrato ampiamente il documento, adducendo le loro legittime richieste e le loro giuste ragioni. Lo hanno fatto in un’aula, che ha registrato la massima attenzione e il giusto rispetto, da parte di tutti, con la Presidenza che ha consentito a tutti di esprimersi, senza limiti di tempo.

Chi, all’opposto, ha sottolineato posizioni diverse, pur sempre legittime, o chi ha votato diversamente dalle aspettative di alcuni, è stato contestato, fortemente criticato e insultato, nonché tacciato di avere ‘pochezza morale’ e di essere un ‘codardo dell’opportunismo’, soltanto perché ha votato l’invio della mozione, per un esame più approfondito, in sede di Commissione.

La condotta disdicevole di alcuni non può e non deve essere, in alcun modo, tollerata e accettata. In generale, il dissenso o una posizione diversa su un atto consiliare rientra nell’esercizio delle funzioni di ciascuno dei Consiglieri eletti che, ricordo, non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni e dei voti espressi, tranne che per le responsabilità previste dall’ordinamento. Per chi non lo sapesse, questo è un punto fondamentale del principio di rappresentanza.

Il pubblico, numeroso, che ha assistito alla seduta del 30 luglio scorso, invece di “tenere un comportamento corretto e rispettoso, astenendosi da ogni manifestazione di assenso o di dissenso sulle opinioni espresse dai Consiglieri o sulle decisioni adottate dal Consiglio” (ex art. 51 Regolamento), ha rivolto parole offensive all’aula, come quella di “assassini”.

Chi ha voluto imporre di votare “a scatola chiusa” e in maniera acritica la mozione non ha reso onore e rispetto al Consiglio comunale, tanto meno al contenuto della mozione stessa e alla “causa palestinese”. La libertà di opinione e l’esercizio del voto in aula non possono e non devono avere ‘pressioni’ di alcuna natura.

Il Consiglio comunale, vorrei precisare per chi non avesse contezza dei lavori consiliari e dei regolamenti, non ha bocciato o respinto alcuna mozione, ma su proposta di un Consigliere, così come prevede il Regolamento (non soltanto quello di Senigallia), l’atto sarà esaminata dalla Commissione permanente competente (la 4^, che si occupa di diritti civili, di pace, di relazioni internazionali e cooperazione) per poi essere iscritta, di nuovo, all’ordine del giorno dei lavori consiliari. A tal proposito, la Presidenza del Consiglio ha già ufficialmente trasmesso gli atti alla direzione della 4^ Commissione.

Ciò detto, vorrei aggiungere qualche considerazione in ordine alla mozione, avendo espresso il mio voto a favore dell’invio in Commissione.

La discussione sulla mozione non doveva essere una controversia tra chi era a favore o contro il popolo di Palestina, o tra chi sosteneva la pace e chi no. Credo, e non ho motivo alcuno di dubitarne, che tutti noi desideriamo una soluzione pacifica, giusta e duratura al conflitto israelo-palestinese, che da decenni insanguina il medio-oriente e semina dolore da entrambe le parti.

La questione israelo-palestinese è affare che riguarda, anzitutto, il diritto internazionale, che a sua volta ha dei canoni precisi da rispettare, in base ai trattati siglati dagli Stati. Noi non possiamo sostituirci alla volontà degli Stati, tanto meno alle regole dettate dalle convenzioni internazionali.

Questo non significa affatto che un’assemblea elettiva, qual è appunto il Consiglio comunale, di qualsiasi città italiana, non possa dibattere su questioni di natura internazionale, ma occorre farlo con cognizione di causa e, soprattutto, senza trasformare il confronto in una sorta di accuse reciproche, con l’intento di addossare responsabilità dirette o indirette, morali o politiche o materiali a chi non ne ha.

In un Consiglio comunale, riunitosi in seduta ufficiale, è altrettanto corretto e democratico accettare anche il dissenso, con senso di responsabilità istituzionale, con rispetto e maturità politica e, magari, ove possibile, ricercare sempre con moderazione le ragioni, che uniscono piuttosto che quelle divisive.

Mercoledì pomeriggio, in aula, ciò non è stato possibile perché il dibattito è apparso a ‘senso unico’, senza alcuna volontà di aprire un dialogo per arrivare ad una soluzione condivisa.

Il Consiglio comunale, come tutte le assemblee elettive, ha il diritto a confrontarsi su temi di carattere internazionale e di attualità, ma non può e non deve trascendere in una sorta di schermaglia politica, ai soli fini del consenso e dell’emotività del momento. E il pubblico, che assiste, dovrebbe contenere la presenza, con una condotta rispettosa dell’aula e degli eletti.

Non si può desiderare la pace o la fine di un conflitto se noi, che abbiamo la fortuna di non trovarci nelle condizioni delle popolazioni interessate da quella guerra, ci comportiamo allo stesso modo, senza un riconoscimento reciproco delle diverse posizioni.

Il ‘passaggio’ istituzionale in sede di Commissione, votato dall’Assemblea consiliare, deve essere rispettato perché il Consiglio comunale è l’organo sovrano. Altrimenti, l’essenza e il significato del dibattito democratico e del voto non hanno più ragione di esistere.

Mi sarei augurato che in Commissione si potesse ritrovare la forza della ragionevolezza e, soprattutto, la certezza del diritto internazionale per formulare, se del caso, un documento condiviso, ma ho preso atto che i proponenti hanno ritirato la mozione.

Rimane, comunque, l’obiettivo di promuovere e di sensibilizzare una soluzione pacifica e condivisa, che veda per i due popoli (quello israeliano e quello palestinese) il diritto ad esistere nella sicurezza reciproca e ad avere due Stati indipendenti, nel rispetto delle norme internazionali e di quelle di tutela dei diritti umani.

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Comunicato Stampa