Allarme dai Rettori delle Università di Marche, Abruzzo e Umbria: tagli al FFO e aumento dei costi mettono a rischio la sopravvivenza degli Atenei
Sono otto i Rettori dei più importanti Atenei del centro Italia a lanciare l’allarme, preoccupati per il futuro delle Università alla luce delle prime interlocuzioni tra il Governo e gli Atenei dopo aver reso pubblica la tabella del Fondo di Finanziamento Ordinario, che stabilisce la ripartizione delle risorse per il 2024 tra i vari atenei in Italia.
Cos’è il Fondo per il Finanziamento ordinario delle Università FFO?
Il Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO), è stato istituito dal Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica (ora, Ministero dell’università e della ricerca) (L. 537/1993), comprende la quota a carico del bilancio statale delle spese per il funzionamento e le attività istituzionali delle università, tra le quali il personale docente, ricercatore e non docente,l’ordinaria manutenzione delle strutture, la ricerca scientifica (ad eccezione della quota destinata ai progetti di ricerca di interesse nazionale), e della spesa per le attività sportive universitarie.
“La drastica riduzione del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) mina la stabilità del sistema universitario del centro Italia e minaccia il futuro delle comunità locali. Con 41 milioni e 700 mila euro complessivi di perdite per un taglio complessivo di quasi l’8%, le Istituzioni accademiche si trovano a fronteggiare una situazione insostenibile, ulteriormente aggravata dall’aumento costante dei costi“. Questo il grido d’allarme.
I Rettori del centro Italia – Marche, Umbria e Abruzzo – lanciano l’allarme
Ne sono fermamente convinti e preoccupati i Rettori Graziano Leoni, Università degli Studi di Camerino, Liborio Stuppia, Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara, Edoardo Alesse, Università degli studi dell’Aquila, John Mc Court, Università degli studi di Macerata, Maurizio Oliviero, Università degli Studi di Perugia, Gian Luca Gregori, Università Politecnica delle Marche, Dino Mastrocola, Università degli Studi di Teramo e Giorgio Calcagnini, Università degli Studi di Urbino Carlo Bo.
“La rimodulazione delle voci di Finanziamento Ordinario che ha visto entrare nel Fondo risorse quali quelle destinate agli adeguamenti ISTAT e agli interventi straordinari di reclutamento di tutto il personale universitario (docente e tecnico amministrativo e bibliotecario), in precedenza finanziate con appositi decreti, ha di fatto dissimulato una riduzione del finanziamento complessivo rispetto all’anno 2023 che, indirettamente, si è rivelata significativamente maggiore di quanto annunciato dal Ministero nel recente decreto di assegnazione“.
Sugli Atenei pesa come un macigno l’aumento del 4,8% dei costi del personale docente per adeguamento Istat. La riduzione del FFO porterebbe gli Atenei ad avvicinarzi al limite dell’80%, oltre il quale si creerebbe una situazione di squilibrio finanziario, in vitù dell’aumento del rapporto tra i costi del personale e il finanziamento stesso. “A fronte delle maggiori assunzioni incoraggiate dal Governo proprio attraverso i piani straordinari di reclutamento, questa soglia, già alta per molti atenei, rischia di essere superata, con conseguenze negative sulla capacità di gestione finanziaria e operativa, al punto di creare gravi difficoltà anche solo per la copertura dei costi del personale già in servizio“.
Tra la riduzione del FFO e l’incremento dei costi non riconosciuto, il peso che grava sulle otto Università supera una cifra stimabile intorno ai 50 milioni di euro. In un sistema che nel 2023 vedeva un finanziamento complessivo di circa 500 milioni, “questo significa che una fetta significativa delle risorse è stata sottratta, compromettendo la possibilità di continuare a garantire un’istruzione pubblica di qualità“.
A preoccupare i Rettori è anche l’ampia diffusione degli atenei online, che minano inevitabilmente le università statali.
I rettori chiedono un intervento immediato da parte del governo per ripristinare i fondi necessari a garantire “la sopravvivenza delle università e per evitare un collasso del sistema universitario pubblico, che rischierebbe di compromettere il futuro dell’istruzione superiore e della ricerca in Italia“.