Friday 22 November, 2024
HomeAttualitàGiornata della pace, la storia di Attanasio e la chitarra di Neri Marcorè riempiono Teatro Pergolesi

A soli 42 anni, Luca Attanasio era il più giovane ambasciatore italiano nel mondo. Si trovava in Congo quando il 22 febbraio 2021 venne ucciso in circostanze ancora da chiarire. I suoi genitori da allora, si impegnano a raccontare la sua storia nelle scuole e nelle occasioni dove la pace, l’attenzione agli altri, ma anche la ricerca di giustizia, sono protagonisti.

Proprio come accaduto sabato scorso in un Teatro Pergolesi al completo, dove i coniugi Attanasio sono stati invitati dall’Amministrazione comunale in occasione della Giornata della pace 2024. Dal palco, alcuni video presentano Luca Attanasio ed il suo lavoro, insieme alla fiducia conquistata presso le popolazioni frequentate in Africa, dove lavorò dieci anni. “L’elogio di un uomo illustre” come lo ricorda in un video Don Pietro Rinaldi citando il libro biblico del Siracide, raccontato dai suoi genitori sin dall’infanzia, quando Luca a scuola è un alunno vivace e curioso, che interrompe gli insegnanti quando non capisce la spiegazione o prende note per la sua irrequietezza. Ma anche l’attenzione per i non fortunati che mostra sin da giovanissimo, quando insieme a degli amici chiede al parroco del paese di organizzare degli appuntamenti per far visita agli anziani. “Ad oggi – racconta il padre Salvatore Attanasioquell’idea è diventata l’Associazione Sorriso, che si occupa di anziani e disabili“.

Poi il lavoro. “Abbiamo scoperto tutte le cose che Luca ha fatto solo dopo la sua morte perché prima non condivideva le sue attività con noi – raccontano. A soli 40 anni è stato mandato in Congo e noi non avevamo paura perché lo vedevamo tranquillo e perché aveva ottimi rapporti con tutti. Niente lasciava presagire un finale del genere perché era super potente. I congolesi gli volevano un gran bene. Portò lì un concetto di ambasciata innovativo, come un luogo dove ci si doveva battere per la pace e dove il popolo doveva essere accolto. Quando è stato ucciso, la Farnesina ha subito controllato i rapporti che intratteneva lì ed era super pulito; probabilmente era tutto programmato“.

Salvatore Attanasio: ” la morte di Luca, un grave precedente per tutti i diplomatici”

Il racconto, si è concluso quindi con i dubbi che ancora accompagnano la sua morte, raccontati dal padre:

La versione che ci è stata data dopo la tragedia non convince nessuno. Non è stato un rapimento andato male. In quei territori Luca andava anche due volte l’anno ed il viaggio era solitamente organizzato dall’ambasciata italiana. Il 22 febbraio del 2021 il viaggio è stato invece programmato dalle Nazioni Unite e la procura di Roma ha rilevato degli errori, delle omissioni nell’elenco degli uomini trasportati, accusando di omicidio due funzionari della Nazioni Unite che dovevano occuparsi della sua sicurezza”. “Lo stato italiano si è presentato in Congo come parte civile – ha concluso fermamente. Dove l’imputato sono le Nazioni Unite, lo stato italiano è genuflesso, un tappeto. Ci auguriamo che prima o poi qualcuno abbia il coraggio di spiegarlo alla sua famiglia e agli italiani. Lo stato non può lavarsi le mani, è una questione morale. Non ci venissero a raccontare che la scelta è stata dettata da un interesse superiore, perché cosa c’è di superiore dell’onore di un paese? Il modo in cui hanno gestito l’accaduto ha creato un grave precedente per tutti i diplomatici. Nessuno dopo Luca può sentirsi tutelato dallo stato italiano“.

Con Marcorè, dalla guerra all’equilibrio per la pace

Il tema della pace è sempre attuale e ricordare Luca Attanasio è un dovere perché è stata una di quelle persone che hanno seminato nel mondo cose belle” afferma il terzo ospite della serata Neri Marcorè entrando sul palco.

Il suo leggio e la sua chitarra, hanno infatti chiuso la serata. Perché anche l’artista, come ricordato dal Giornalista Giovanni Filosa moderatore dell’incontro, è da sempre impegnato in cause di solidarietà e nel sostegno di programmi di aiuto alle persone più fragili. L’altra ragione, risiede sicuramente nella capacità comunicativa unica che porta ogni volta sul palco dove, con leggerezza propone tematiche e riflessioni importanti.

Così, il viaggio accompagnato da voce e chitarra inizia dal colore dei “mille papaveri rossi “di De Andrè. La guerra, in questo caso, è quella di Piero ma la canzone porta alla mente ogni campo di conflitto dove si versa il proprio sangue per una divisa indossata. La metafora è universale e resiste ai secoli. I mille papaveri rossi simboleggiano, sin dall’età della poetessa greca Saffo alla quale De André si ispira, i giovani soldati caduti in guerra, allora come ai nostri giorni.

La guerra è quella cosa che la combatte chi non la decide e la decide chi non la combatte“, afferma Marcorè, e ad oggi l’impressione è quella che “il mondo stia bruciando“, citando il titolo della seconda canzone in scaletta, scritta con Edoardo De Angelis.

Dalla violenza della guerra ad un altro genere di violenza, quella contro le donne. Sul palco, il tema prende il volto della Teresa di De André, e La fata di Bennato, mentre il pensiero condiviso va a Giulia Cecchettin: “La violenza sulle donne è un fatto culturale ma ci vorrà tempo per cambiare la mentalità e certamente parlarne aiuta. Speriamo che la sensibilità esplosa con Giulia continui nella voglia di imporsi e dire no”.

Poi Battisti, Celentano e Morandi sapientemente combinati tra loro, il monologo del sogno di Gaber, la vita al contrario di Woody Allen e l’ilarità di un’autobiografica “Pasqua a Londra“.

È L’animale di Franco Battiato a salutare gli spettatori. Nel brano, la lotta ancestrale che guida tutte le azioni umane, quella tra “Razionalità” e “Istinto”, tra il controllo e la sete di potere. Emozioni presenti in ogni uomo che, solo se in equilibrio tra loro, possono generare paci anziché guerre.

Autore

Giorgia Clementi

Nata sotto il segno del leone, cresciuta nella capitale del Verdicchio. Dopo la maturità classica al Liceo Vittorio Emanuele II di Jesi scopro l'interesse per il mondo della comunicazione che scelgo di assecondare, dapprima con una triennale all'Università di Macerata, ed in seguito con una laurea magistrale in Giornalismo ed editoria all'Università di Parma. Spirito d'iniziativa, dinamismo, (e relativa modestia), i segni che mi contraddistinguono, insieme ad un amore unico per le bellezze del mio territorio. L'idea di fondare Capocronaca, insieme a Cristina, nasce all'inizio del 2023. Nelle sue fondamenta, la volontà di dare ai lettori una voce nuova da ascoltare e scoprire insieme a loro, cosa accade ogni giorno.