La giornalista afghana Shamim Frotan ci racconta una storia drammatica
«Vivo in un paese lontano, l’Italia – ci ha raccontato Shamim – ma non ho pace. Le notti penso senza sosta a un confine che ha inghiottito i miei cari e ha distrutto le loro vite. Per anni hanno vissuto in Iran. Avevano una casa, un permesso di soggiorno, come migliaia di altri rifugiati afghani, speravano nel futuro. Trascorrevano le giornate lavorando con impegno, coltivando piccoli e grandi sogni; desideravano sicurezza una vita migliore».
Poi è accaduto qualcosa di imprevisto che ha cambiato le loro vite:
«Ma tutto è crollato all’improvviso; in un attimo il mondo si è rovesciato su di loro – ha aggiunto Shamim – le autorità senza alcun preavviso, sono entrate brutalmente nella loro casa. Non per ascoltare, non per chiedere, ma per prendere tutto. Li hanno presi e caricati con la forza su un veicolo. La casa per cui avevano lavorato tanto è rimasta vuota; i loro beni sono stati sequestrati, il deposito non è stato restituito. Nessun reclamo è stato accolto, nessuna risposta è arrivata. Le loro grida e suppliche si sono perse nel silenzio gelido della crudeltà»,
Una brutta vicenda, sono stati brutalmente espulsi, cacciati.
«Li hanno spediti al confine; un luogo dove le persone stanno in lunghe e faticose file sotto il sole cocente – continua il racconto di Shamim – senza alcuna garanzia di passaggio sicuro. Un luogo dove la linea tra vita e morte, speranza e disperazione, diventa un fragile confine. Non è stata solo un’espulsione. È stata una caduta silenziosa, ma devastante; la distruzione lenta di tutto ciò che avevano costruito».
Il racconto di Smamim diventa ancor più drammatico, quando parla di Sara Gohari.
«Ma tutto questo dolore è diventato ancora più profondo quando è scomparsa una ragazza di nome Sara – ha aggiunto – Sara Gohari studentessa di sociologia all’Università di Teheran, una giovane di 29 anni piena di passione, si era recata al confine di Taybad per studiare la situazione dei rifugiati afghani. Da sola, indipendente, senza alcun supporto. Voleva essere la voce di chi non veniva ascoltato. Voleva raccontare ciò che gli altri non volevano vedere. Ma un giorno, dopo il suo arrivo al confine, è stata arrestata dai servizi di sicurezza della Repubblica Islamica e trasferita in un luogo sconosciuto».
La sua storia sfocia nel mistero: da allora se ne sono perse le tracce.
«Da allora nessuna notizia di lei. Nessuna chiamata, nessun messaggio, nessun segno che sia ancora viva. Sara che era andata per rompere il silenzio, è diventata parte di quel silenzio mortale; un silenzio che può spegnere una vita in qualsiasi momento e distruggere la speranza. Io qui, lontano da tutto – è il grido di Shamim che vuole rompere il silenzio – sono rimasta solo con una voce. Forse è l’unico ponte rimasto verso un mondo perduto. Una voce che, se si spegnesse, nessuno saprebbe più come è stata rubata la loro vita. Nessuno chiederebbe più: dov’è Sara? E nessuno scriverebbe più. I miei genitori sono ancora vittime di questa situazione: ancora in attesa di pace e giustizia, ancora nella speranza che un giorno verità e giustizia prevalgano sul silenzio».
Il drammatico racconto di Shamim Frotan si chiude con un ringraziamento fatto col cuore, che conferma la sua delicatezza, la sua sensibilità, la sua gratitudine:
«Sono grata a voi e alle meravigliose persone d’Italia».
(nella foto Sara Gohari)