Thursday 21 November, 2024
HomeAttualitàCaso Ariston: facciamo chiarezza

Nel 1930 a Fabriano, Aristide Merloni fonda l’azienda “Industrie Merloni”. Nata come opificio artigianale, poi principale realtà italiana produttrice di bascule nel secondo dopoguerra, l’azienda cresce negli anni iniziando a produrre bombole per il gas liquido e, soprattutto, scaldabagni. Nel 1960 lancia il marchio Ariston che, nel 1990 fa il suo ingresso nel mercato globalizzato con l’apertura di due sedi estere in Cina e Russia.

Ed è proprio da quest’ultimo luogo, casa appunto di uno dei primi passi dell’azienda al di fuori dei confini italiani, che sono partite le questioni che nell’ultima settimana hanno portato Ariston al centro del dibattito politico internazionale.

Secondo un decreto del Presidente russo è possibile trasferire ad aziende russe le società attive su suolo russo appartenenti a paesi considerati “ostili“. Benché si parli di “trasferimento temporaneo” è verosimile che nessuna delle aziende trasferite torneranno mai agli originari proprietari. Ne sono un esempio l’azienda francese Danone e la danese Carlsberg. Venerdì è toccato anche alla Ariston Thermo Group che, nonostante la sede legale nei Paesi Bassi, è passata nelle mani della consociata Gazprom Household Systems dopo un decreto firmato da Vladimir Putin.

La convocazione di Paramonov e la risposta della Federazione Russa

La risposta del governo italiano è arrivata lunedì con la convocazione dell’ambasciatore Alexei Paramonov alla Farnesina per discutere sulla decisione del governo russo e chiedere la revoca del provvedimento.

Nella pagina dell’Ambasciata della Federazione Russa in Italia è stato successivamente pubblicato un commento riguardo la convocazione di Paramonov.

Si legge: “sono state fornite spiegazioni esaustive da parte russa sulla legalità e la giustificazione delle decisioni prese in merito al de jure della società olandese. Non si può ignorare il tono sempre più aggressivo e irresponsabile, la retorica dei leader occidentali e delle loro associazioni, che non possono essere interpretate altrimenti come intenzione di creare ulteriori minacce alla sicurezza nazionale, economica, energetica e di altra natura della Federazione Russa.
L’ambasciatore russo ha ricordato agli interlocutori che a Mosca è sempre stata data particolare importanza ai fruttuosi rapporti commerciali ed economici reciprocamente benefici con l’Italia. Tutte le responsabilità delle conseguenze negative della loro distruzione spetta esclusivamente alle autorità italiane, che hanno sacrificato i veri interessi nazionali per partecipare a disperate e pericolose avventure geopolitiche antirusse”
.

Dubbi, G7 e questioni etiche economiche

Di fatto al momento vi sono solo dubbi e nessuna certezza riguardo ipotetiche azioni o risposte future. Negli scorsi giorni il governo italiano aveva condiviso la volontà di discutere la questione con gli altri Paesi dell’Unione, anche in occasione del G7, Ambiente, Clima e Energia che ha avuto luogo dal 28 al 30 aprile a Venaria Reale.

L’accaduto ha anche sollevato riflessioni riguardo le scelte adottate dalle aziende italiane nei confronti della Russia dallo scoppio del conflitto con l’Ucraina.

Nel corso di un’Assemblea generale degli azionisti di Ariston Holding N.V. tenutasi il 28 aprile 2022, l’azienda aveva affermato di essere concentrata sull’assistenza ai propri dipendenti ucraini e alle loro famiglie, “sia che avessero scelto di restare in patria sia che avessero cercato una temporanea sistemazione all’estero“. Aveva altresì aggiunto che le operazioni in Russia erano state “ridotte in quantità ed estensione” e che la “controllata russa Ariston Thermo RUS LLC disponeva di risorse e autonomia operativa sufficienti ad assicurare la continuità aziendale” ma anche che erano stati sospesi tutti gli investimenti – ad eccezione di quelli legati alla sicurezza sul lavoro, in ragione dei dipendenti russi e degli investimenti fatti dal Gruppo fino a quel momento.

Tuttavia l’Università di Yale, autrice dello studio condiviso ed aggiornato ogni mese dall’inizio del conflitto, posiziona l’Ariston tra le 12 aziende italiane che hanno mantenuto la presenza attiva in Russia continuando anche ad assumere dipendenti e contribuendo di fatto al sostegno del sistema economico russo. La stessa scelta è stata mantenuta da Benetton, De Cecco, Diesel, Fenzi, Boggi, Buzzi Unicem, Calzedonia, Cremonini, Fondital, Perfetti Van Melle e Unicredit.

Diversa la posizione presa invece dalle aziende che hanno abbandonato il Paese come Autogrill, Enel, Eni, Iveco e Generali.

Autore

Giorgia Clementi

Nata sotto il segno del leone, cresciuta nella capitale del Verdicchio. Dopo la maturità classica al Liceo Vittorio Emanuele II di Jesi scopro l'interesse per il mondo della comunicazione che scelgo di assecondare, dapprima con una triennale all'Università di Macerata, ed in seguito con una laurea magistrale in Giornalismo ed editoria all'Università di Parma. Spirito d'iniziativa, dinamismo, (e relativa modestia), i segni che mi contraddistinguono, insieme ad un amore unico per le bellezze del mio territorio. L'idea di fondare Capocronaca, insieme a Cristina, nasce all'inizio del 2023. Nelle sue fondamenta, la volontà di dare ai lettori una voce nuova da ascoltare e scoprire insieme a loro, cosa accade ogni giorno.