Chiamiamo l’8 marzo Festa della donna. Riceviamo fiori e auguri. Un po’ come le rose regalate a San Valentino a conferma di un amore che dura, anno dopo anno. Ricordarsi di omaggiare le donne ogni 8 marzo possiede la stessa funzione sociale. Una festa per certi versi “riparatrice”. Sottolineiamo quanto sia bello il mondo femminile, quanto le donne siano meravigliose nella loro varietà, quanto la loro presenza renda migliore il nostro mondo. Le abbiamo omaggiate e appoggiate nella loro volontà di festeggiare. Ne abbiamo la prova: siamo brave persone. O meglio, bravi uomini.
Si perché, per le donne la loro Festa va al di là di una semplice giornata a loro dedicata. È soprattutto l’occasione, data la maggiore attenzione al tema, di parlare di ciò che le riguarda e ricordare donne del passato che si sono attivate per cambiare un mondo che non le riconosceva come persone.
Sono infatti soprattutto le donne a sapere che questa giornata affonda le proprie radici molto prima dell’incendio del 1908 dove rimasero uccise centinaia di operaie di un’industria tessile a New York. Le ragioni ed i fatti che hanno portato all’istituzione di quella che poi verrà riconosciuta come Giornata internazionale della donna hanno a che fare piuttosto con la rivendicazione di diritti.
Tutto iniziò con Olympe de Gouges, in piena Rivoluzione Francese, autrice della Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina. “Le madri, le figlie, le sorelle, rappresentanti della Nazione, chiedono di essere costituite in assemblea nazionale” si legge nel preambolo. La cena che stasera faranno le donne per festeggiare questo 8 marzo è una conseguenza di donne che si sono riunite. Testimonia la forza che il confronto e il dialogo hanno avuto nella storia per la loro emancipazione.
Dal 1791, bisognerà aspettare fino alla metà dell’Ottocento per vedere coniato un termine che desse un nome al movimento delle donne. A incarnare il femminismo c’erano le suffragette perché il primo passo per ottenere un’identificazione come soggetti nella società doveva passare per la cosa pubblica. Per il diritto di voto. Il film di Paola Cortellesi lo spiega in modo esemplare, quella possibilità di partecipare alla vita civica è stata fondamentale per dare alle donne la forza di chiedere di meglio. Per ottenere il diritto di cambiare.
In Italia si dovranno attendere gli anni Settanta per assistere alla nascita di un vero movimento femminista. Sulla scia delle donne europee, le donne iniziano a chiedere diritti legati alla riproduzione e alla contraccezione, il divorzio, l’annullamento del matrimonio riparatore.
Temi che ad oggi tendono ad essere percepiti come lontani, eppure non lo sono affatto. Sia perché i diritti conquistati in Occidente non sono ancora diritti per le donne che vivono in paesi a noi vicini, dove la cosa pubblica è gestita da dittature.
Sia perché, anche se siamo in Italia, il diritto di camminare sole per strada trova un vincolo nella paura di essere vittime di qualcun altro. Perché il diritto di scegliere come vestirci, chi amare, a che lavoro ambire viene ancora ostacolato da pensieri screditanti. Perché essere vittime di violenza vuol dire anche essere considerate in qualche modo colpevoli. Perché si pensa che per omaggiare le donne e la loro diversità sia una grande idea creare tre nuovi gusti di gelato. Perché stasera, gli uomini screditeranno ancora le donne riunite a cena descrivendole come “eccessivamente allegre” o “troppo estroverse”.
Perché quando gli uomini oggi, parlano di femminismo, lo descrivono spesso come una moda, dimenticandone la sua portata rivoluzionaria. O meglio, tentando di ridurne il potere. Perché il movimento mette in discussione un ordine da secoli prestabilito e a loro estremamente accomodante. Ma soprattutto, perché per loro il femminismo, è una battaglia delle donne e, come tale, cosa potrebbe essere se non una moda o un altro, femminile modo, di attirare l’attenzione?