Thursday 25 April, 2024
HomeAccadde oggiAldo Moro e Peppino Impastato: il giorno in cui l’Italia si risvegliò un po’ sola

Aldo Moro e Peppino Impastato, un giornalista e uno statista, due persone diverse unite però da un tragico destino e da una data: il 9 maggio 1978. Entrambi, in quel tragico giorno di 45 anni fa persero la vita. Il primo ad opera delle Brigate Rosse, il secondo per mano della mafia siciliana.

9 maggio 1978, l’Italia è in silenzio. Il Paese assista attonito a due tragedie che avrebbero per sempre cambiato, nel breve e lungo periodo, la storia della nostra Repubblica. Il ritrovamento del corpo senza vita del leader politico democristiano, Aldo Moro, e l’uccisione a sangue freddo del giornalista Peppino Impastato per mano della mafia siciliana.

Il rapimento e uccisione di Aldo Moro

Il 16 marzo 1978 Aldo Moro viene rapito per mano delle Brigate Rosse. L’Italia entra in lutto. Gli anni di piombo mettono in ginocchio il Paese. Passano 55 giorni ed il rapimento di Moro termina nel peggiore dei modi quando, in via Caetani, a Roma, il suo cadavere venne ritrovato in un bagagliaio di una Renault rossa.

Il suo rapimento avvenne in un momento storico per l’Italia in cui il governo Andreotti stava per ottenere l’appoggio del Partito Comunista, guidato da Enrico Berlinguer. Moro trascorse i suoi 55 giorni di rapimento nel covo delle BR in via Camillo Montalcini 8.

Il corpo venne simbolicamente lasciato senza vita lontano dalla sede del partito che rappresentava – Democrazia Cristiana – in un auto Renault 4 rossa. Dopo 45 anni, ancora molti sono i punti oscuri attorno al caso Moro.

Siamo in un’Italia di fine anni ’70, nel quale mettere in discussione l’ordine costituito dopo il secondo conflitto mondiale poteva costare la vita ad un politico, tanto più se farlo si adoperavano gli strumenti costituzionali, quali partiti, giornali o tribunali.

Aldo Moro lo sapeva bene, il suo avvicinamento ai comunisti di Berlinguer forse non era visto di buon occhio da molti. Ma nonostante questo Moro aveva iniziato quel cammino in cerca di possibili convergenze con il PCI, provando a mettere in discussione l’autonomia del Paese e la legittimazione delle importanti culture popolari, a salvaguardia della democrazia.  

L’assassinio di Peppino Impastato

L’Italia è sotto choc, la morte di Moro segna un cambiamento politico, ma 10 ore prima, in un piccolo paesino siciliano, Cinisi, affacciato sul mare, a 30 chilometri da Palermo, si era già consumata l’altra tragedia.

Giuseppe Impastato, per tutti Peppino muore dopo essere stato dilaniato da una violenta esplosione. Nato il 5 gennaio 1948 da una famiglia mafiosa, Peppino nel 1965 aderisce al Psiup e fonda il giornalino L’idea socialista. Il giornale ebbe vita breve: sequestrato dopo pochi numeri.

Peppino, una volta lasciato il Psiup, inizia a collaborare con dei gruppi comunisti locali, occupandosi di battaglie dei disoccupati, degli edili e soprattutto dei contadini che si vedono privati delle loro terre per favorire la costruzione della terza pista dell’aeroporto di Palermo, proprio a Cinisi.

La svolta nella vita di Peppino è segnata dalla fondazione di una sua proprio radio libera: Radio Aut. Nel programma Onda Pazza prende in giro i capimafia e i politici locali: il suo bersaglio preferito è don Tano Badalamenti (soprannominato Tano Seduto), erede del boss Cesare Manzella e amico di suo padre, Luigi Impastato.

Nel 1978, Peppino decide di candidarsi alle elezioni comunali del suo paesino, nella lista Democrazia proletaria. Ma, nella notte tra l’8 e il 9 maggio, a soli 30 anni, il giornalista antimafia venne assassinato. Il 14 maggio risulterà comunque eletto con 260 voti (anche sua madre si reca a votare, violando il lutto che la vuole reclusa in casa).

Stampa, forze dell’ordine, magistratura considerano, in un primo momento, la morte di Peppino come conseguenza di un atto terroristico suicida. Suo fratello, Giovanni definisce quei momenti come “ricordi terribili. È stato anche il giorno della morte di Aldo Moro. Per noi è stato un fulmine a ciel sereno, non ce l’aspettavamo”.

Ricordo che siamo anche stati trattati male dagli investigatori, che hanno perquisito le nostre abitazioni. Ci hanno preso per dei terroristi. Verso di noi sono stati brutali”, ha dichiarato Giovanni Impastato.

Erano i duri anni di piombo in Italia. Contemporaneamente, però, alla morte di Peppino, inizia a delinearsi un’altra storia e la matrice mafiosa del delitto viene individuata grazie all’attività di Giovanni e di Felicia Bartolotta che rompono pubblicamente con la parentela mafiosa e rendono possibile la riapertura dell’inchiesta giudiziaria.

Solo nel 2002 si otterrà giustizia: Tano Badalamenti viene condannato all’ergastolo, poi morirà nel 2004.

Aldo Moro e Peppino Impastato, così diversi ma così simili

Morirono entrambi 45 anni fa, entrambi perché coltivavano propri ideali che forse infastidivano molti. Nel caso di Moro qualche meccanismo politico che non andava toccato, per Peppino la sacra ed “intoccabile” famiglia mafiosa.

Il mondo continua a ricordarli. Ricordare per non dimenticare chi, nel loro piccolo, ha dato via a battaglie che devono solo essere portate avanti e ricordarli significa proprio camminare a fianco di Peppino Impastato in quegli iconici 100 passi, oppure mediare politicamente, evitando gli scontri, come tentò di fare Aldo Moro.

Oggi nella Giornata dedicata alla memoria delle vittime del terrorismo, il nostro ricordo, parole, gesti ed omaggi vanno ad Aldo Moro e Peppino Impastato, per il loro coraggio, la loro determinazione e le loro idee capaci di cambiare il mondo.

Autore

Andrea Bocchini

Classe ’98. Laureato in Comunicazione giornalistica, pubblica e d’impresa a Bologna. La mia più grande passione, il giornalismo. Scrivere, leggere e viaggiare i miei più grandi interessi. Il mio amore musicale, Fabrizio de Andre, il mio motto: “Per chi viaggia in direzione ostinata e contraria”.