Wednesday 24 April, 2024
HomeAccadde oggi9 marzo 1883. Nasceva 140 fa il poeta di “A mia moglie”

Nato a Trieste esattamente 140 anni fa, Umberto Saba è uno dei protagonisti del Novecento letterario italiano.

Parte del programma di esame più temuto dagli alunni del quinto superiore, Saba è un amico dei maturandi italiani. Uno di quegli amici, o sarebbe meglio dire “conoscenti“, incontrati di sfuggita a primavera inoltrata, con la fretta del programma da terminare, un anno scolastico ormai agli sgoccioli e l’esame imminente.

Viene alla luce a Trieste il 9 marzo 1883 da madre ebrea e padre italiano. Il nome con il quale tutti lo ricordano dai libri di letteratura è in realtà uno pseudonimo. Il poeta triestino si chiama infatti Umberto Poli, ma sceglierà di ricavare il proprio cognome dalla balia che lo accompagna nella sua crescita, Peppa Sabaz.

Per sfuggire alle persecuzioni razziali della Seconda guerra mondiale si nasconde tra Roma e Firenze, avvicinandosi alla lotta per la resistenza e al Partito comunista.

Grande conoscitore dei classici, formatosi sulla poesia di Petrarca e Leopardi, Saba è il sostenitore di una poetica “onesta”, come lui stesso la definisce in un saggio inviato alla rivista La Voce nel 1911, con dei versi che mettono al centro la vita quotidiana e la semplicità degli affetti.

Il dialogo ricercato tra la tradizione e il presente, emerge già dal nome della sua raccolta poetica che, sulle orme di Petrarca, prende il nome di Canzoniere. Con una prima edizione pubblicata nel 1921 fino ad una terza, postuma, del 1961, il Canzoniere raccoglie in totale 426 poesie di Saba.

“A mia moglie” la poesia più conosciuta

A mia moglie” è la poesia più conosciuta di Umberto Saba. Come il titolo suggerisce, si tratta di un componimento dedicato alla moglie Lina, alla quale il poeta si rivolge con parole d’amore particolarmente insolite.

Nessuna “donna angelo” immersa in “chiare fresche e dolci acque“, piuttosto tante similitudini che paragonano la moglie del poeta ad una “giovane bianca pollastra” con le piume arruffate, ad una “gravida giovenca” festosa, una “lunga cagna“, una “pavida coniglia“, una “rondine che torna in primavera“, una “provvida formica” ed una “pecchia“, ovvero una piccola ape.

Un sorprendente bestiario familiare che, sebbene non ci è dato sapere come sia stato accolto in un primo momento dalla moglie Lina, viene usato da Saba per celebrare la sua donna, accostandole le migliori caratteristiche di ogni animale.

“Se un bambino potesse sposare e scrivere una poesia per sua moglie, scriverebbe questa“, commentò Saba in riferimento al componimento, definendo così la sua opera come parte di una “poetica infantile” che ricerca il rapporto più autentico con la vita e gli affetti.

La donna come animale, il confronto dalle radici antiche

La scelta di definire la donna grazie al confronto con una serie di animali affonda le sue radici in un componimento del poeta giambico Semonide di Amongo del VI secolo a.C., intitolato “Il biasimo delle donne“.

La lettura di Semonide presenta una connotazione misogina accostando la donna ad una scrofa, una volpe, una cagna, alla terra e al mare, all’asina, alla donnola, alla cavalla e alla scimmia; tutti confronti che la descrivono negativamente.

Solo l’ultimo paragone con l’ape la connota in positivo richiamandone il suo ruolo nel focolare domestico.

Saba riprende il componimento di Semonide stravolgendone il significato. Tutte le caratteristiche che sua moglie Lina condivide con gli animali, sono nella sua poesia le virtù che la rendono una creatura “vicina a Dio” e pari “a nessun’altra donna“.

Autore

Giorgia Clementi

Nata sotto il segno del leone, cresciuta nella capitale del Verdicchio. Dopo la maturità classica al Liceo Vittorio Emanuele II di Jesi scopro l'interesse per il mondo della comunicazione che scelgo di assecondare, dapprima con una triennale all'Università di Macerata, ed in seguito con una laurea magistrale in Giornalismo ed editoria all'Università di Parma. Spirito d'iniziativa, dinamismo, (e relativa modestia), i segni che mi contraddistinguono, insieme ad un amore unico per le bellezze del mio territorio.