Ricorre il 28 novembre l’anniversario della nascita di Alberto Moravia, uno degli autori più rappresentativi della letteratura italiana del XX secolo. Nato a Roma nel 1907, Moravia – pseudonimo di Alberto Pincherle – ha dedicato la sua lunga carriera a raccontare con lucidità le tensioni sociali, morali e psicologiche del suo tempo; scelta consacrata in una narrativa ricca di introspezione e denuncia, sui rapporti umani e sulle dinamiche di potere.
Gli esordi con Gli indifferenti
Moravia esordì nel 1929 con il romanzo “Gli indifferenti”, scritto quando aveva appena ventidue anni. Considerata una delle opere fondamentali del Novecento italiano, il libro è un ritratto impietoso della borghesia romana, un microcosmo di apatia morale e vuoto esistenziale con i personaggi principali, Michele e Carla, ad incarnare l’inadeguatezza e il disagio di fronte a un mondo regolato da ipocrisia e convenzioni sterili. La pubblicazione del romanzo segnò una rottura con le tradizioni letterarie dell’epoca e anticipò le inquietudini esistenzialiste che avrebbero permeato molte opere successive.
La critica sociale in La romana e La ciociara
Negli anni successivi, l’autore consolidò la sua fama con opere che affrontavano temi complessi come il rapporto tra corpo e potere, sessualità e sottomissione sociale. Tra queste, spicca “La romana” (1947), che narra la storia di Adriana, una giovane prostituta la cui vita è segnata dalla lotta per la sopravvivenza e dalla ricerca di dignità in una Roma oscura e cinica. Il personaggio di Adriana rappresenta una critica alle rigide strutture sociali e alla mercificazione dei sentimenti.
Altro capolavoro è “La ciociara” (1957), ispirato alle tragiche vicende della Seconda Guerra Mondiale. Il romanzo racconta la storia di Cesira e della figlia Rosetta, due donne che affrontano le violenze e i traumi del conflitto, culminati nel drammatico episodio delle “marocchinate”. L’opera è una riflessione sulla brutalità della guerra e sulle cicatrici indelebili che essa lascia sugli individui. L’adattamento cinematografico di Vittorio De Sica (1960), con Sophia Loren nel ruolo di Cesira, valse all’attrice il Premio Oscar.
Il conformismo e l’alienazione
Con “Il conformista” (1951), Moravia analizza l’alienazione dell’individuo in un contesto autoritario. Il protagonista, Marcello Clerici, è un uomo che si piega alle logiche del fascismo per un desiderio patologico di normalità e appartenenza. Il romanzo denuncia il potere distruttivo del conformismo, offrendo una critica profonda e universale alla rinuncia della libertà di pensiero. L’adattamento cinematografico di Bernardo Bertolucci (1970) è considerato una delle migliori trasposizioni di un’opera moraviana.
Un altro tema ricorrente nella sua narrativa è la vacuità delle relazioni umane in una società dominata dall’egoismo e dall’inautenticità. Questo emerge in opere come “La noia” (1960), dove il protagonista Dino vive una paralizzante incapacità di relazionarsi con il mondo e le persone intorno a lui. Attraverso la storia di un amore ossessivo, l’autore sviscera la disillusione e il vuoto esistenziale che affliggono l’uomo moderno.
Dal romanzo al cinema e al giornalismo
Moravia non si limitò alla narrativa. La sua collaborazione con registi come Vittorio De Sica, Jean-Luc Godard (Il disprezzo, tratto dall’omonimo romanzo del 1954) e Bertolucci contribuì a trasformare molte sue opere in classici del cinema. Al contempo, fu un instancabile giornalista e critico: scrisse per testate come Il Corriere della Sera e L’Espresso, affrontando temi di politica, cultura e società con la stessa lucidità analitica che contraddistingueva i suoi romanzi.
Morì il 26 settembre 1990.