Alle 3:36 del 24 agosto 2016, una potente scossa di terremoto di magnitudo 6.2 colpì il cuore dell’Italia centrale. L’epicentro fu localizzato nei pressi di Accumoli, in provincia di Rieti, a pochi chilometri da Amatrice e Arquata del Tronto. La profondità molto ridotta – circa 4 chilometri – e la fragilità delle costruzioni resero il sisma devastante.
Il bilancio fu drammatico: 299 vittime, centinaia di feriti, migliaia di sfollati e 140 comuni danneggiati tra Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo. Le immagini di Amatrice, rasata al suolo, fecero il giro del mondo. Pescara del Tronto, frazione di Arquata, fu quasi completamente cancellata.
Quella scossa fu solo l’inizio di una lunga sequenza sismica che avrebbe continuato per mesi, con oltre centomila eventi registrati fino al 2021. Nei giorni successivi, altre forti repliche – tra cui una di magnitudo 5.5 – misero ulteriormente alla prova una popolazione già stremata.
Il sisma non colpì solo case e vite, ma anche il patrimonio culturale e l’economia locale: chiese, torri medievali, musei e borghi storici subirono gravi crolli; interi comparti agricoli, come le lenticchie di Castelluccio e i prodotti della Valnerina, furono travolti dalla distruzione.
La notte del 24 agosto resta ancora oggi viva nella memoria di tutti. Le storie di chi scavava a mani nude tra le macerie, l’impegno dei soccorritori e le visite di solidarietà – come quella di Papa Francesco ad Amatrice – rappresentano l’altra faccia della tragedia: una comunità nazionale che si stringe attorno al dolore, nella promessa della ricostruzione.
E mentre, a distanza di quasi dieci anni, la ricostruzione procede lentamente, la ferita impressa nei figli di quel territorio, deve ancora iniziare a rimarginarsi.