Thursday 19 September, 2024
HomeAccadde oggi21 agosto 1911, il giorno che l’Italia rubò la Gioconda

Di tutte le arti, la finzione è probabilmente l’arma più raffinata. Necessita sempre di un po’ di eleganza, e a volte di una buona dose di coraggio“, chissà se avesse letto le avventure di Arsenio Lupin uscite appena quattro anni prima Vincenzo Peruggia, il ladro patriottico che, nel 1911 portò via la Gioconda al Louvre.

Ispirazione da Lupin o meno, l’intuizione fu di certo la medesima, con un colpo che, proprio come Maurice Leblanc suggerisce nelle sue opera, fece della finzione l’arma vincente.

È il 21 agosto 1911 e Vincenzo Peruggia, un imbianchino originario della provincia di Varese scosse il mondo dell’arte rubando l’opera da sempre contesa da Italia e Francia.

Lavorava saltuariamente al Louvre e conosceva bene i meccanismi del museo parigino, così approfittando della chiusura del museo al pubblico, si nascose all’interno dell’edificio. Vestito con una tunica bianca, simile a quella indossata dai lavoratori del museo, riuscì a non destare sospetti. Attese che le guardie si allontanassero e, con estrema calma, staccò la Gioconda dalla parete della sala in cui era esposta.

Una volta tolta dal suo posto, Peruggia mise il dipinto sotto il suo abito, uscì indisturbato dal Louvre e nascose l’opera al mondo per oltre due anni.

Furto patriottico?

Ma perché un semplice imbianchino varesino decise di rubare uno dei dipinti più celebri al mondo? Le motivazioni di Peruggia erano complesse. Inizialmente, dichiarò che il suo gesto era dettato dal patriottismo. Secondo Peruggia, la Gioconda, dipinta da Leonardo da Vinci, apparteneva all’Italia e non doveva restare in Francia. Si considerava un eroe nazionale, convinto che il suo furto fosse un atto di giustizia per riportare l’opera nel suo paese d’origine.

Tuttavia, esistono anche altre teorie. Alcuni storici suggeriscono che Peruggia fosse motivato da interessi economici, sperando di vendere il dipinto a un collezionista italiano. Altri, invece, sostengono che l’idea gli fosse stata suggerita da una rete di trafficanti d’arte.

La scoperta e il ritorno in Italia

Il furto della Gioconda divenne immediatamente un caso internazionale. Per due anni, il Louvre fu al centro di indagini senza precedenti, ma senza alcun risultato concreto. La Gioconda sembrava scomparsa nel nulla.

Nel 1913, il collezionista fiorentino Alfredo Geri organizzò una mostra nella sua galleria d’arte chiedendo in prestito opere di pregio ai privati. La richiesta venne diffusa con un annuncio sui giornali e arrivò presto la risposta di un tale Monsieur Léonard V. che propose al gallerista proprio la vendita della Gioconda.

All’incontro per la trattativa in un hotel di Firenze Geri si presentò accompagnato da Giovanni Poggi, direttore della Regia Galleria di Firenze mentre il misterioso Monsieur Léonard si rivelò essere Vincenzo Peruggia che, il giorno seguente, dopo l’esame dell’opera ed il riconoscimento della sua autenticità, venne arrestato.

Il processo e le conseguenze

Il processo si svolse a Firenze nel 1914. Peruggia cercò di difendere il suo gesto come un atto di patriottismo, ma fu condannato a un anno e 15 giorni di reclusione. La pena, sorprendentemente leggera, rifletteva forse una certa simpatia dell’opinione pubblica italiana nei confronti del suo gesto considerato dai più “eroico“.

Dopo aver scontato la pena tornò in Italia, dove visse il resto della sua vita nell’ombra. Morì nel 1925, senza mai più ritrovare la notorietà che lo aveva circondato durante il periodo del furto.

Un furto che rese la Gioconda una leggenda

Il furto di Peruggia contribuì a rendere la Gioconda uno dei più celebri dipinti al mondo. Prima di quel 21 agosto la donna dipinta da Leonardo Da Vinci era sì un’opera d’arte importante, ma il clamore mediatico che ne seguì la trasformò in una vera e propria icona culturale. Da allora, continua ad attrarre migliaia di visitatori al Louvre così come continua ad essere, simbolo di patriottismo e rivendicazione culturale.

L’idea di “rubare la Gioconda ai francesi perché appartiene all’Italia“, ha viaggiato tra generazioni insieme alla fama dell’opera, tra luogo comune ed un pizzico di dissapore, pronto a riemergere quando abbiamo il bisogno di sentirci un po’ più italiani.

Autore

Giorgia Clementi

Nata sotto il segno del leone, cresciuta nella capitale del Verdicchio. Dopo la maturità classica al Liceo Vittorio Emanuele II di Jesi scopro l'interesse per il mondo della comunicazione che scelgo di assecondare, dapprima con una triennale all'Università di Macerata, ed in seguito con una laurea magistrale in Giornalismo ed editoria all'Università di Parma. Spirito d'iniziativa, dinamismo, (e relativa modestia), i segni che mi contraddistinguono, insieme ad un amore unico per le bellezze del mio territorio. L'idea di fondare Capocronaca, insieme a Cristina, nasce all'inizio del 2023. Nelle sue fondamenta, la volontà di dare ai lettori una voce nuova da ascoltare e scoprire insieme a loro, cosa accade ogni giorno.