“Umido e freddo spunta il mattino,
ed a cavallo va San Martino
Quand’ecco appare un mendicante,
lacero e scalzo vecchio e tremante
Il cavaliere mosso a pietà,
vorrebbe fargli la carità
Ma nella borsa non ha un quattrino,
e allora dice: Oh poverino!
Mi spiace nulla io posso darti,
ma tieni questo per riscaldarti
Divide in due il suo mantello,
metà ne dona al poverello
Il sole spunta e brilla in cielo,
caccia la nebbia con il suo velo
E San Martino continua il viaggio,
sempre allietato dal caldo raggio”
I versi appena letti, fanno parte di una delle tante filastrocche di San Martino che, ognuno di noi, avrà da qualche parte nella sua mente. Alle elementari erano un appuntamento fisso ogni 11 novembre quando, la maestra di italiano insieme a quella di religione, si univano all’unisono per raccontare la storia del Cavaliere che divide il suo mantello per coprire il mendicante.
In questo giorno, secondo il calendario cristiano, si celebra infatti San Martino, una storia nota e tramandata che assolve il dovere di raccontare l’importanza di gentilezza e altruismo. Caritatevoli valori da perseguire che vengono, in qualche modo, ricompensati da Dio. Come accadde a San Martino che dopo aver donato parte del suo mantello venne premiato con dei caldi raggi di sole che ogni anno, tornano puntuali a regalarci l’anomala “Estate di San Martino“.
Ma San Martino è anche festa dell’autunno e delle sue ricchezze, dalle castagne scaldate sul fuoco al mosto che si è ormai fatto vino. Nei piccoli paesi italiani, questi due elementi sono collanti di momenti di convivialità unica, rurale e genuina, volta a celebrare la terra ed i suoi frutti con sagre e piccole feste nei borghi.
Dal sacro al profano, l’11 novembre è però occasione anche di un’altra ricorrenza. Non c’entrano gentilezza e altruismo. Anzi, tutto il contrario, perché San Martino è (anche) la “Festa dei cornuti“. Il santo cavaliere ne è il suo sacro patrono; così ogni anno oggi diventa il giorno dei traditi, ricorrenza adottata dalla tradizione angloamericana nel più diplomatico “Single Day“.
La festa nasce, anche in questo caso, dalla nostra tradizione contadina. Nei primi giorni di novembre si tenevano le fiere agricole, appuntamenti sociali di estrema importanza che vedevano gli uomini impegnati in rinnovi di contratti, trattative e esposizioni di bestiame munito, appunto, di corna.
Mentre gli uomini erano via per giorni, le donne restavano a casa. Così, “leggenda narra“, che lontani gli uni dagli altri, mariti e mogli fossero portati a cercare distrazione. Del resto, se gli uomini incontravano dolci donzelle alle fiere, perché le mogli non avrebbero potuto celebrare vino novello ed estive giornate con i mezzadri rimasti a lavoro nei campi?
Infine, la numerologia. Secondo la cabala ebraica, l’11 è infatti il numero delle “corna del toro“, mentre nella tradizione celtica pagana, l’11 novembre chiudeva l’anno, con un capodanno festeggiato da celebrazioni promiscue e vino bevuto da calici realizzati con corna di buoi.