L’11 aprile del 1977 moriva Jacques Prévert . Dall’infanzia in povertà allo stile semplice impropriamente definito come “banale”, passando per il legame con i surrealisti fino alla popolarità sui social network: il ricordo del poeta che celebra “i ragazzi che si amano”
Nato all’inizio del secolo scorso, Jacques Prévert è il cantore dell’amore per eccellenza. Figlio di una famiglia medio-borghese del sobborgo parigino di Neuilly-sur-Seinne, all’età di sei anni si trasferisce con la famiglia a Parigi, Insieme alla tranquillità della periferia, i Prévert lasciano gli agi della vita borghese di provincia e si scontrano con la più costosa vita cittadina, che ridimensiona drasticamente i loro mezzi di sostentamento.
Di fatto, Jacques cresce a contatto con gli ambienti poveri della capitale. Suo padre però, dipendente dell’Ufficio poveri, non perde occasione per sfruttare i suoi contatti e trovare biglietti gratuiti per cinema e teatro. Un contatto fondamentale con la cultura del tempo che condurrà Prévert verso l’attività di regista e poeta.
Lascia la scuola all’età di quindici anni, condivide le ribelli idee degli anarchici, è schierato contro il capitalismo ma al tempo stesso non si riconosce negli ideali di sinistra. Le sue idee prendono la forma di poesie e testi di canzoni ai quali danno voce cantanti impegnati come Yves Montand.
Acquisisce così notorietà all’interno del panorama intellettuale parigino degli anni Venti ed entra in contatto con il neonato movimento surrealista grazie all’amicizia con il suo fondatore André Breton. Tra i principi fondamentali del movimento, che Prévert accoglie, vi sono il rifiuto delle convenzioni sociali e culturali, la dimensione del sogno per superare i limiti della razionalità e naturalmente l’amore, come fulcro della vita umana.
La “banale” celebrazione dell’amore
L’incontro con il surrealismo, consacra Prévert come “il poeta dell’amore”. La sua sensibilità poetica inizia a raccontare il più nobile sentimento umano. Lo stile non è affatto aulico, al contrario è incarnato da un linguaggio semplice. Vi è chi lo definisce addirittura “banale” che si avvale dell’uso di frasi fatte e luoghi comuni.
Ma tale scelta è in realtà assolutamente coerente con il percorso artistico ed intellettuale del poeta. In primis, perché guarda all’amore semplice della quotidianità, della vita vera, giovane e di periferia. Al tempo stesso vi è coerenza con i valori surrealisti, che rifiutano le convenzioni sociali così come quelle letterarie, che ingabbiano dentro figure retoriche e schemi la parola poetica. La “banalità” in Prévert diventa quindi la sua scelta stilistica, anticonvenzionale e rivoluzionaria, a suggerire che l’amore ha bisogno proprio della semplicità per raccontarsi.
“I ragazzi che si amano contro le porte della notte” o sui social network
Se alcuni hanno criticato negli anni la “banalità” di Prévert, essa ha trovato terreno fertile all’interno delle piattaforme digitali maggiormente utilizzate oggi: i social network. Luoghi dove brevità, immediatezza e frasi “banali” che richiamano il sentire comune, riuniscono migliaia di persone intorno alla condivisione di una stessa idea.
Citazioni e poesie vengono condivise nei post, fanno da accompagnamento a video romantici e sentimentali. Si condividono perché non si hanno le parole per dire ciò che si crede, o semplicemente per trovare approvazione dalla propria community.
Così, poeti come Prévert nati più di un secolo fa continuano a mantenere salda la loro popolarità, si rinnovano, diventano “popolari” e aiutano generazioni dopo di loro a trovare le parole per parlare di un sentimento universale come l’amore. “I ragazzi che si amano si baciano in piedi contro le porte della notte” diventano versi conosciuti perché ascoltati in un video su Instagram o letti a caratteri poetici in un post condiviso.
Passa la storia, la vita dell’autore, la cultura dietro al testo. Resta la poesia.