Sunday 24 November, 2024
HomeAttualitàQuestione politica e di coscienza. Perché è così difficile abortire nelle Marche?

Dovrebbe essere un fatto privato. Intimo. Una scelta che ogni donna deve avere il diritto di poter prendere in considerazione, libera da pressioni e condizionamenti. Eppure l’aborto continua ad essere tutto fuorché una scelta meramente personale. Una questione pubblica piuttosto. Politica. Da discutere sotto la lente narrativa del giusto o sbagliato.

Da diritto di ogni donna, l’aborto diventa il diritto di ognuno di approvare o condannare una scelta che si fonde con l’argomento etico della vita, ed ogni occasione diventa una platea nella quale schierarsi a sostegno delle donne che ne rivendicano il diritto o contro di loro, ritenute colpevoli di aver negato ai loro figli il diritto di nascita.

La regione Marche è da qualche anno conosciuta come una delle regioni italiane dove è più difficile abortire. Un terreno dunque, dove il tema è sempre particolarmente attuale, protagonista del dibattito politico. Esattamente come accaduto nei giorni appena passati.

Adinolfi a Jesi, il PD e gli attivisti

Galeotto in questo caso, fu il libro di Mario Adinolfi. “17 regole contro l’aborto per vivere felici” che il Presidente del Popolo della famiglia ha presentato a Jesi, prima di essere accolto con fischi e contestazioni da parte di un gruppo di attivisti fuori dalla Chiesa di San Nicolò.

La tensione intorno all’evento era già emersa qualche giorno prima della presentazione del libro di sabato 15 aprile. Particolare disappunto era infatti stato manifestato dalla Consigliera regionale del PD Manuela Bora che, in una nota stampa del 12 aprile, aveva dichiarato iniziative come questa “molto pericolose, volte a costruire un clima favorevole per coloro che, anche nella nostra regione, vogliono demolire passo dopo passo la legge 194 e impedire alle donne di vedersi garantiti i diritti da questa sanciti“.

Un recente esempio che suggerisce l’importanza del tema all’interno del dibattito politico regionale. Un episodio che va ad ampliare lo storico di una regione che costituisce un caso determinato nella reale possibilità di abortire in Italia.

Così una domanda sorge spontanea…

Perché è così difficile abortire nelle Marche?

Il 12 agosto 2020, il Ministero della Salute ha emanato delle linee guida per aggiornare la legge 194. In particolare, l’integrazione della norma ha stabilito la possibilità di somministrare entro la nona settimana (non più entro la sesta come nel testo originario) la pillola abortiva RU486 anche nei consultori .

Tuttavia, la maggioranza di centrodestra, all’inizio del 2021, ha rifiutato l’adozione delle nuove direttive ministeriali costituendo un caso che, in poco tempo, ha ottenuto rilevanza nazionale. Questo anche in seguito alla presa di posizione pubblica da parte di alcune personalità note come Chiara Ferragni che, contraria alla scelta, aveva scritto nel proprio profilo Instagram: “Fratelli d’Italia  ha reso praticamente impossibile abortire nelle Marche che governa. Una politica che rischia di diventare nazionale se la destra vince le elezioni“. 

Alla decisione presa allora, e attualmente in vigore, si unisce la recente notizia della fine della convenzione tra l’Aied e la Regione Marche. L’Associazione italiana per l’educazione demografica, nata per il conseguimento dei diritti civili fondamentali per la donna e per la coppia, ha sede nelle Marche ad Ascoli Piceno dove, riguardo al diritto di interruzione di gravidanza, opera dal 1981 in convenzione con la Regione.

Da febbraio 2023 però, non è più possibile per una donna recarsi all’ Aied per interrompere una gravidanza. L’unica opzione rimasta è così quella di rivolgersi ai consultori, dove ci si scontra molto spesso con l’altro grande problema della Regione Marche, ovvero la difficoltà di trovare un medico disponibile ad assecondare tale scelta.

Contro una media nazionale del 64,6%, le Marche sono infatti una delle regioni con il maggior numero di obiettori di coscienza. Circa il 70% dei medici attivi nella regione.

Autore

Giorgia Clementi

Nata sotto il segno del leone, cresciuta nella capitale del Verdicchio. Dopo la maturità classica al Liceo Vittorio Emanuele II di Jesi scopro l'interesse per il mondo della comunicazione che scelgo di assecondare, dapprima con una triennale all'Università di Macerata, ed in seguito con una laurea magistrale in Giornalismo ed editoria all'Università di Parma. Spirito d'iniziativa, dinamismo, (e relativa modestia), i segni che mi contraddistinguono, insieme ad un amore unico per le bellezze del mio territorio. L'idea di fondare Capocronaca, insieme a Cristina, nasce all'inizio del 2023. Nelle sue fondamenta, la volontà di dare ai lettori una voce nuova da ascoltare e scoprire insieme a loro, cosa accade ogni giorno.