Monday 17 November, 2025
HomeLifestyleDal campo di prigionia a Manhattan: la storia del Pilates

C’è qualcosa di profondamente moderno nella storia del Pilates. Eppure nasce più di un secolo fa, in un contesto tutt’altro che rilassato o armonioso. È la storia di un uomo, Joseph Hubertus Pilates, che trasformò la fragilità in disciplina, la costrizione in libertà e un letto d’ospedale in una palestra per il corpo e per la mente.

Le origini di un corpo ribelle

Joseph Pilates nasce nel 1883 a Mönchengladbach, in Germania, in una famiglia modesta: il padre era ginnasta, la madre naturopata. Da bambino, però, la sua salute è tutt’altro che solida. Soffre di asma, rachitismo e febbre reumatica. Forse è proprio da quella condizione di vulnerabilità che scatta qualcosa in lui: la determinazione a comprendere e migliorare il corpo umano.

Negli anni della giovinezza si dedica a tutto ciò che possa renderlo più forte e consapevole: ginnastica, arti marziali, boxe, yoga, body building. Studia l’anatomia come un autodidatta e osserva gli animali, affascinato dal loro modo naturale di muoversi con forza e grazia. L’idea che lo guiderà per tutta la vita comincia a prendere forma: la salute non è un dono, ma un equilibrio che si costruisce.

La guerra e la nascita di un metodo

Nel 1912 Pilates si trasferisce in Inghilterra, dove lavora come artista circense e istruttore di autodifesa. Quando scoppia la Prima Guerra Mondiale, però, viene internato come “nemico straniero” in un campo sull’isola di Man. È un periodo duro, ma anche il punto di svolta.

Nell’inattività forzata, Joseph inizia a ideare una serie di esercizi per mantenere il corpo in forma anche in spazi ristretti, usando solo il peso del corpo e, in seguito, semplici molle attaccate ai letti degli ospedali. Nasce così l’intuizione che farà la differenza: un metodo basato sul controllo muscolare, sulla respirazione consapevole e sulla connessione tra mente e corpo.

Lo chiama Contrology, “l’arte del controllo”. Il suo obiettivo non è l’allenamento estetico, ma l’educazione al movimento: allenare la mente a governare il corpo, e il corpo a rispondere con precisione e fluidità.

Dalla Germania a New York: la rivoluzione silenziosa del movimento

Terminata la guerra, Pilates rientra in Germania. Collabora per un periodo con la polizia di Amburgo, ma il crescente clima politico e la sua visione libera e individualista lo spingono a lasciare il Paese. Nel 1926 decide di emigrare negli Stati Uniti. Durante la traversata in nave conosce Clara, infermiera, che diventerà sua moglie e compagna di lavoro.

A New York aprono insieme il primo studio di “Body Contrology”, al numero 939 di Eighth Avenue, nello stesso edificio che ospita scuole di danza e teatri. È una coincidenza fortunata: ballerini e coreografi, spesso alle prese con infortuni o rigidità muscolari, scoprono subito i benefici del metodo. Tra i primi allievi ci sono nomi importanti della danza moderna, come Martha Graham e George Balanchine, che ne intuiscono il valore terapeutico e preventivo.

Nel suo studio, Joseph costruisce con le sue mani attrezzi che diventeranno iconici: il Reformer, la Cadillac, la Wunda Chair, macchinari nati da ingegno e necessità, capaci di potenziare e rendere fluido il movimento.

Il pensiero di Pilates

Nel 1934 pubblica il suo primo libro, Your Health, e nel 1945 Return to Life Through Contrology, in cui espone la sua filosofia del movimento. I principi fondamentali sono pochi ma essenziali: Concentrazione, perché ogni gesto deve nascere dalla mente; Controllo, per muovere con precisione ogni parte del corpo; Baricentro, il “powerhouse”, il centro da cui scaturisce la forza; Fluidità, per evitare sforzi inutili e movimenti rigidi; Respirazione, per ossigenare il corpo e liberare le tensioni; Precisione, per armonizzare corpo e postura.

Nonostante la semplicità apparente, il metodo Pilates richiede disciplina e consapevolezza. È una ginnastica dell’equilibrio, del respiro e della mente, più vicina a una forma di meditazione dinamica che a un allenamento tradizionale.

Un’eredità oltre il tempo

Joseph Pilates muore nel 1967 a New York, a 83 anni. Non lascia figli, ma una comunità di allievi fedeli, che continuano a diffondere il suo metodo in tutto il mondo. Con il tempo, il termine “Contrology” viene sostituito semplicemente dal suo cognome: Pilates.

Negli anni Ottanta e Novanta, con la crescita della cultura del benessere e del fitness consapevole, il metodo vive una rinascita globale. Dalle scuole di danza ai centri fisioterapici, dalle palestre ai resort di lusso, il Pilates diventa sinonimo di postura corretta, forza controllata e mente calma.

Oggi è praticato in oltre cento Paesi. Le sue lezioni, che combinano esercizi a corpo libero e macchinari, sono considerate uno dei sistemi più efficaci per migliorare forza, flessibilità e consapevolezza del corpo.

Eppure, dietro ogni movimento preciso, dietro ogni respiro coordinato, c’è ancora la visione originaria di Joseph Pilates: quella di un uomo che, confinato tra le sbarre di un campo di prigionia, decise che la libertà più profonda nasce dal corpo che sa ascoltare se stesso.

Autore

Giorgia Clementi

Nata sotto il segno del leone, cresciuta nella capitale del Verdicchio. Dopo la maturità classica al Liceo Vittorio Emanuele II di Jesi scopro l'interesse per il mondo della comunicazione che scelgo di assecondare, dapprima con una triennale all'Università di Macerata, ed in seguito con una laurea magistrale in Giornalismo ed editoria all'Università di Parma. Spirito d'iniziativa, dinamismo, (e relativa modestia), i segni che mi contraddistinguono, insieme ad un amore unico per le bellezze del mio territorio. L'idea di fondare Capocronaca, insieme a Cristina, nasce all'inizio del 2023. Nelle sue fondamenta, la volontà di dare ai lettori una voce nuova da ascoltare e scoprire insieme a loro, cosa accade ogni giorno.