Aprire la 58ª Stagione Lirica di Tradizione del Teatro Pergolesi con Don Giovanni di Mozart significa misurarsi con un mito che attraversa i secoli, capace di resistere a morali, mode e interpretazioni. Il libertino più celebre dell’opera è tornato in scena a Jesi lo scorso 17 ottobre, in replica domenica 19, aprendo il cartellone della nuova Stagione lirica, con un allestimento che ha intrecciato tradizione e modernità, senza perdere la forza teatrale che lo rende eterno.
Sul palco, Christian Federici ha dato corpo a un Don Giovanni carismatico e inquieto, affiancato da Maria Mudryak (Donna Anna), Louise Guenter (Donna Elvira), Eleonora Boaretto (Zerlina), Valerio Borgioni (Don Ottavio), Stefano Marchisio (Leporello) e Gianluca Failla (Masetto). Cinque interpreti su sette hanno debuttato i ruoli di Donna Elvira, Leporello, Zerlina, Donna Anna ed il Commendatore, segno di una compagnia giovane e vitale.
Le scene firmate da Benito Leonori, i costumi di Giovanna Fiorentini e le luci di Patrick Méeüs sono entrati in dialogo con il video design di Mario Spinaci, in un equilibrio tra eleganza classica e suggestioni contemporanee. Il Time Machine Ensemble e il Coro Ventidio Basso di Ascoli Piceno, diretti da Pasquale Veleno, hanno sostenuto con sensibilità le voci, offrendo una lettura musicale attenta alle sfumature e alle dinamiche drammatiche.
Ogni componente ha omaggiato dunque la composizione orchestrale, specchiandosi nel lungo applauso del pubblico che ha avuto la possibilità, grazie a questa prima, di rivivere la storia del seduttore più noto. Un tu per tu con il mito di lunga data, che dal passato, trova un modo nuovo di parlare la presente.
Alle origini, il mito di Don Giovanni
Torniamo alle sue origini. Il personaggio nasce come archetipo del seduttore insaziabile, attraversando la letteratura e il teatro europei — da Tirso de Molina a Molière — fino alla celebre incarnazione di Mozart e Da Ponte. Non è solo un peccatore, ma il simbolo della tensione tra desiderio e legge.
Nelle prime versioni teatrali il “burlador” veniva punito, in una parabola morale sul rapporto tra colpa e giustizia. Con Molière, però, il libertino si fa provocatore, razionale, capace di smascherare le ipocrisie sociali e religiose.
Mozart e Da Ponte gli donano una dimensione ulteriore: l’energia vitale, la potenza del gesto e della musica, la consapevolezza del rischio. Così Don Giovanni diventa simbolo universale di ribellione e fascino, un personaggio che continua a interrogare l’uomo contemporaneo sul senso del limite e della libertà.
Ma un seduttore che scrive i nomi delle sue conquiste in una lista, un uomo innamorato non tanto delle donne che incontra, ma della sensazione di conquistarle e “farle sue”, come potrebbe non perdere il confronto con il tempo? Come può, un’opera che è stata in grado di dare voce e volto ad un archetipo tanto forte, non confrontarsi anche con coloro che, un tempo, sarebbero state le prede della storia?
Ecco che allora, una possibile risposta, potrebbe essere trovata proprio spostando lo sguardo su di loro.
Le donne di Don Giovanni
Spostando il centro emotivo del racconto l’opera si distanzia dalla mitologia maschile del seduttore.
Donna Anna, Donna Elvira e Zerlina non sono più figure ancillari o vittime passive: diventano tre volti della stessa consapevolezza femminile, tre modi diversi di rispondere al potere e al desiderio maschile.
Donna Anna incarna la dignità ferita che si fa forza. Il trauma della violenza si trasforma in lucidità e volontà di giustizia, e la sua voce – una delle più solenni dell’opera – porta con sé il peso del dolore e della determinazione.
Donna Elvira, invece, è forse il personaggio più umano e contemporaneo: fragile e combattiva, alterna rabbia, pietà e bisogno di verità. In lei convivono l’amore tradito e la necessità di capire, elementi che la rendono la figura psicologicamente più complessa e vicina al pubblico di oggi.
Zerlina, infine, rappresenta la leggerezza consapevole: gioca con il desiderio, ma sa come restarne padrona. È la più “moderna” perché vive il corpo e il sentimento con libertà, senza rinnegare né l’uno né l’altro.
In questa prospettiva, le donne di Don Giovanni non reagiscono soltanto al libertino: lo smascherano. Attraverso loro si rivela la fragilità di un modello maschile fondato sul dominio e sulla fuga. Mentre Don Giovanni brucia nel suo impulso distruttivo, le donne restano, cambiano, sopravvivono: sono loro a chiudere l’opera, loro a dare senso al vuoto che lui lascia.
Mozart, in fondo, lo aveva già intuito. Le sue scritture vocali affidano alle donne alcune delle pagine più intense e sfumate: arie che oscillano tra dramma e introspezione, tra rabbia e perdono. È come se la musica, prima ancora di ogni regia, avesse previsto questa inversione di prospettiva. Non più donne “di” Don Giovanni, ma donne “oltre” Don Giovanni.



