“Non cerco la bellezza perfetta, cerco quella che lascia domande” ha affermato la quotata fotografa
Alla nona edizione del Galà delle Eccellenze Italiane, ideato e diretto da Piero Muscari, presso la Terrazza degli Aranci dello chef tre stelle Heinz Beck, al Rome Cavalieri Waldorf Astoria, celebrando le storie di chi costruisce valore e futuro per il paese, sono stati premiati in un clima di grande partecipazione ed entusiasmo: Oscar Giordano (Giordano Global), Domenico Mamone (UNSIC), Marianna Saragaglia (Cortem S.p.A., Dubai), Mirco Gasparotto (OSA Community e Imprenditore Vero), Massimo Ghini (attore e regista), Alessandro Contini (Contini 1898) e la jesina Lucia Giacani (fotografa e visual artist).
Lucia Giacani è salita sul palco sulle note di “Rimmel” la nota canzone di Francesco de Gregori, introdotta da Piero Muscari con un richiamo alla memoria, alla luce e all’ombra, nonché al potere evocativo delle immagini che restano. La storia della jesina Lucia Giacani è quella di una fotografa che ha imparato a leggere la luce prima delle parole, cresciuta in una casa dove la fotografia era un rito artigianale: la camera oscura del padre, le stampe in bianco e nero, l’attesa che un volto prendesse forma sulla carta. La consapevolezza che una foto non si scatta se prima non si ascolta è nata in quei momenti.
Dopo gli studi all’Istituto Superiore per le Industrie Artistiche (I.S.I.A.) a Roma, Lucia ha scelto Milano, città dove la moda è linguaggio, spazio per raccontare identità, tensioni e ambiguità. Nel suo lavoro, la luce è chirurgica, la composizione rigorosa, la bellezza mai fine a sé stessa. Collabora con Vogue Italia, Vogue Accessory, L’Officiel, Vanity Fair, Moschino, Valentino, Prada, Furla e firma il progetto manifesto “Killing Time”, dedicato alla femminilità contemporanea. Durante l’intervista condotta da Piero Muscari, ha raccontato i suoi inizi:
«Non sapevo da dove partire. Io poi non avevo nessuna ambizione, per me l’unica cosa importante era vivere del mio lavoro. Vivere nel senso pagarmi l’affitto, il mutuo, le spese e tutto quanto, facendo una cosa che amavo fare. Compravo riviste, sfogliavo il colophon, prendevo i numeri di telefono delle redazioni e chiamavo tutti. Sei mesi di telefonate, tre appuntamenti a Milano, uno di questi con KULT, che mi affidò il mio primo incarico. Così decisi di trasferirmi».

A Condé Nast Lucia Giacani è arrivata dopo altri sei mesi di insistenza:
«Chiamavo ogni settimana finché ottenni un appuntamento con Elisabetta Barracchia – ha aggiunto –Non mi richiamarono subito, ma non mollai. Due mesi dopo mi dissero: ‘ok, iniziamo’. È cominciata una collaborazione durata dieci anni». Poi la svolta, la copertina storica per Vogue Accessori: Lucia è stata la prima a firmarne una.
«Quando dissi a mia madre che andavo a Milano, pianse – ha affermato Lucia – ma io le risposi, se c’è tanta concorrenza, vuol dire che c’è tanto lavoro. E se c’è tanto lavoro, ci sarà spazio anche per me. Avevo un solo obiettivo: vivere del mio lavoro. E ci sono riuscita. Da sola, ma non senza il sostegno del mio compagno Max. Posso dire che dietro una grande donna, a volte, c’è davvero un grande uomo”.
A consegnarle il premio è stato Paolo Tedeschi, direttore della comunicazione di Canon Italia, che ha ricordato la difficoltà del settore e l’umiltà dell’autrice.
La frase scelta come motivazione per il premio, una preziosa scultura del maestro Silvio Vigliaturo, è un manifesto della poetica di questa straordinaria fotografa: “Non cerco la bellezza perfetta, cerco quella che lascia domande. Non fotografo per decorare il mondo, ma per leggerlo, per decifrarlo, per raccontarlo. Per me la fotografia è questo, un atto generativo, una forma di libertà che si scrive con la luce”.
Parole che hanno racchiuso il senso del suo percorso: rigore, libertà e ascolto.



