In un’epoca in cui la frutta si trova tutto l’anno, il cocomero conserva ancora un’aura stagionale, quasi rituale. È il simbolo dell’estate non solo per la sua freschezza, ma per ciò che rappresenta: convivialità, semplicità, tradizione. E mentre lo gustiamo a fette, in insalata, in frullati o in granite, vale la pena ricordare che ogni morso racchiude una storia lunga millenni, fatta di migrazioni, culti, mutazioni e linguaggi.
Cocomero o anguria: una questione di radici (e regioni)
In Italia, la diatriba torna ogni anno: “cocomero” o “anguria”? La risposta è: entrambi. E sono corretti. Ma la preferenza dipende da dove vi trovate. Nel Centro e Sud Italia, è cocomero. Al Nord, è anguria. La spiegazione? Una storia di etimologie e influenze culturali.
“Cocomero” deriva dal latino cucumis, che indicava genericamente un tipo di cetriolo o melone. Il nome è sopravvissuto nei secoli, soprattutto nelle regioni meridionali. “Anguria”, invece, arriva dal greco angourion, introdotto in Italia probabilmente attraverso l’Esarcato di Ravenna in epoca bizantina.
E poi ci sono le varianti locali: in Sardegna si dice síndria, parola presa in prestito dallo spagnolo. In Toscana, paradossalmente, si chiama popone (che altrove indica il melone). In alcune zone del Sud lo chiamano melone d’acqua, per distinguerlo dal fratello “melone cantalupo”. In Salento, addirittura, i cetrioli tondi si chiamano cocumarelle, a conferma di una parentela botanica insospettabile.
Dall’Egitto all’Impero Romano: il cocomero come cibo sacro
Non è solo questione di gusto: il cocomero ha una storia millenaria, che comincia nell’Antico Egitto. I primi semi risalgono a circa 5.000 anni fa e sono stati trovati nelle tombe dei faraoni, tra le provviste destinate a garantire la sopravvivenza nell’aldilà. Era considerato un frutto sacro, simbolo di freschezza e rigenerazione.
Anche i Romani lo adoravano: nei banchetti estivi non poteva mancare. Era protagonista delle feste di Ferragosto, istituite da Augusto nel 18 a.C. per celebrare il riposo dopo il raccolto. Quelle tavole festose, cariche di angurie affettate, sono l’eco antica delle nostre grigliate e merende in spiaggia.
Un frutto globale: viaggi, incroci e mutazioni
Ma il cocomero non è solo mediterraneo. Le sue origini botaniche sembrano risalire alle regioni aride dell’Africa tropicale, dove crescevano spontaneamente varietà simili, molto meno dolci, ma essenziali per l’idratazione dei popoli nomadi. Furono proprio questi frutti primitivi a ispirare le prime coltivazioni selettive.
Nel tempo, il cocomero ha viaggiato ovunque: dall’Africa al Medio Oriente, dall’Asia all’Europa. I commerci arabi ne diffusero la coltivazione nel bacino del Mediterraneo. I mercanti lo portarono in India e in Cina (dove oggi è una delle colture più importanti), fino ad arrivare nelle Americhe con i coloni europei.
Il frutto che mangiamo oggi è il risultato di secoli di incroci e sperimentazioni. Esistono oltre 1.200 varietà di anguria nel mondo: rotonde o allungate, con la buccia striata o uniforme, polpa rossa, rosa o perfino gialla. Sì, avete letto bene: esistono anche angurie gialle, dolcissime e molto amate in Giappone, dove si vendono perfino a forma di cubo (per facilitarne lo stoccaggio nei piccoli frigoriferi di Tokyo).
Anguria e salute: rinfrescante ma non banale
Oltre a essere il simbolo dell’estate, il cocomero è anche un alleato della salute. È composto per oltre il 90% di acqua, il che lo rende un’ottima fonte di idratazione. Ma non solo: contiene vitamina C, potassio, fosforo e antiossidanti come il licopene, lo stesso che si trova nel pomodoro e che protegge le cellule dai radicali liberi.
È un frutto perfetto per chi fa sport, soffre il caldo o vuole qualcosa di dolce ma leggero. Attenzione solo alla quantità: pur essendo poco calorico, può causare gonfiore intestinale se mangiato in grandi quantità, soprattutto se accompagnato dai suoi piccoli semi neri (che però oggi si trovano sempre meno, grazie alle varietà seedless, prive di semi).
Tradizioni culinarie e curiosità d’Italia
In Sicilia il cocomero si trasforma in un dessert al cucchiaio: il gelo di melone, preparato con il succo filtrato del frutto, zucchero, amido e gocce di cioccolato. In Calabria si usa per preparare granite artigianali, in Campania è protagonista delle sagre paesane, in Emilia Romagna accompagna i picnic di Ferragosto. Non mancano poi gli usi simbolici: nel folklore pugliese, rompere un cocomero era un gesto propiziatorio per l’abbondanza del raccolto. In alcune regioni, si dice che tagliarlo la notte di San Lorenzo (10 agosto) porti fortuna e sogni premonitori.
Curiosità moderna: in Giappone esiste un festival dell’anguria in cui le persone bendate devono spaccare il frutto con un bastone, come in una versione estiva della “pentolaccia”. Negli Stati Uniti, la giornata nazionale dell’anguria si celebra il 3 agosto con gare di velocità e concorsi di sculture su frutta.