Fonte di curiosità tra gli adolescenti, sacro rito dopo il caffè, capro espiatorio di ansie quotidiane, la sigaretta è fedele compagna di vita di circa dieci milioni di italiani. Lo stato ne detiene il monopolio e ne riconosce la dannosità, normandone il consumo ed informando i cittadini sui rischi di una “dipendenza” legittimata socialmente come “vizio”. In linea con l’obiettivo di cambiare le abitudini dei tabagisti e tutelare la salute dei non fumatori, nel 2003 viene emanata la Legge Sirchia che sancisce il divieto di fumare all’interno dei locali chiusi. Il radicale cambio di abitudine ha aiutato gli italiani a smettere di fumare? Quanto e cosa è cambiato in vent’anni?
Tra storia e dati
La storia italiana in materia di fumo ha inizio in realtà molti anni prima con una normativa varata nel periodo tra le due guerre. Si tratta di una legge del 1934 che vieta la vendita di tabacco ai minori di sedici anni, mentre bisognerà aspettare il 1975 per un primo interesse normativo a tutela dei non fumatori. L’11 novembre di quell’anno viene infatti introdotto il divieto di fumo sui mezzi di trasporto pubblici e in alcuni locali stabiliti come corsie ospedaliere, aule scolastiche ed uffici della pubblica amministrazione. Interessando solamente tali tipologie di locali tuttavia, la norma non riuscì a determinare grandi cambiamenti nelle abitudini degli italiani che, come le cronache degli anni Ottanta e Novanta testimoniano, continuarono per anni a fumare indisturbati in locali chiusi ed affollati.
Nel 2003 il secondo governo Berlusconi emana la Legge Sirchia che ancora oggi estende quel divieto a tutti i locali chiusi, sia pubblici che privati, ad eccezione dei locali dedicati ai fumatori. All’epoca, come riportano i dati raccolti dall’Istat, era fumatore il 23,8% degli italiani con più di quattordici anni che accendeva in media tra le 13 e le 14 sigarette al giorno.
La legge stabilisce anche l’obbligo di riportare nel pacchetto la nocività del prodotto per la salute; informazione che dal 2016, in linea con le direttive europee, è accompagnata da immagini a forte impatto visivo. Il dato registrato nel 2003 rappresenterà di fatto un picco che non tornerà più negli anni successivi. In due anni scenderà al 22%, per poi risalire al 22,8% nel 2012 ed assestarsi al di sotto del 20% dal 2014 in poi. Il calo si conferma anche nel numero di sigarette fumate quotidianamente.
La situazione al 2021
Il 2021 è momentaneamente l’ultimo anno di riferimento disponibile nella raccolta dati dell’Istat. Quanto registrato racconta che è tabagista il 19% degli italiani, dato leggermente in aumento rispetto al 2019.
Non è possibile stabilire una correlazione diretta tra tale aumento e il periodo della pandemia, ma è sicuramente legittimo ipotizzare un suo condizionamento nella routine quotidiana di alcune persone che, negli ultimi due anni, hanno evidentemente deciso di iniziare o ricominciare a fumare. Si riconferma il calo delle sigarette fumate in un giorno. In media ne viene fumato poco più di mezzo pacchetto.
Interessante osservare la distribuzione dei fumatori nelle varie regioni italiane. Ad alzare la media sembrerebbe essere il centro Italia con una media superiore al 20% in tutte e quattro le sue regioni. È la Toscana ad aggiudicarsi il primato con il 22,4% di cittadini tabagisti. La regione in cui si fuma di meno è invece il Veneto che vanta il 14,9% di fumatori.
Non devono essere dimenticati infine tutti i sostituti della tradizionale sigaretta recentemente entrati sul mercato. In particolare, l’Istituto Superiore della sanità ha rilevato come l’uso della Sigaretta elettronica sia in notevole aumento. Fermo nel 2016 al 2,7%, il suo uso da parte dei fumatori quasi raddoppia nel 2021 assestandosi al 4,5%.
L’influenza positiva della normativa sembra dunque scontrarsi con nuovi allettanti prodotti, percepiti spesso come meno dannosi dai giovani consumatori abituali di tabacco e nicotina. Sono di fatto ancora un quinto gli italiani che, pur conoscendo i rischi per la loro salute e per chi li circonda, non riescono a prestar fede al buono proposito di smettere. “Mi colse un’inquietudine enorme”, racconta del resto nel 1923 il fumatore più famoso della letteratura attraverso la penna di Italo Svevo: “Giacché mi fa male non fumerò mai più, ma prima voglio farlo per l’ultima volta. Finii tutta la sigaretta con tutta l’accuratezza con cui si compie un voto. E, sempre soffrendo orribilmente, ne fumai molte altre”.