Iniziamo questo viaggio insieme alla scoperta di luoghi, tradizioni e curiosità del nostro territorio, più o meno note, raccontando un posto magico ed immerso nella natura delle campagne cuprensi: l’Eremo delle Grotte o Eremo dei Frati Bianchi, come è più conosciuto a molti.
L’Eremo si trova in una profonda gola tra Cupramontana e Poggio Cupro e fu occupato fino al 1927 dai Camaldolesi di Monte Corona in Umbria, che indossano il tipico saio bianco (da qui l’appellativo Eremo dei frati bianchi). Le grotte invece, che hanno dato il nome all’Eremo, risalgono all’anno Mille. Furono abitati da alcuni monaci eremiti e sono le prime costruzione poste appena fuori l’Eremo che, secondo la tradizione, è stato fondato da San Romualdo.
Tra il 1300 ed il 1400 vi soggiornarono anche i seguaci dei fraticelli, i famosi frati eretici francescani.
Ma fu nel 1520, quando vi giunse Beato Paolo Giustiniani, che si gettarono i primi fondamenti della congregazione monastica camaldolese di Monte Corona che portò anche alla costruzione di nuove parti dell’Eremo. La piccola chiesa dedicata a San Giuseppe, all’interno dell’Eremo, è stata costruita nel 1792 quando, su progetto di don Apollonio Tucchi, fu rifabbricato dalle fondamenta.
Il periodo più brutto e buio dell’Eremo è stato nel 1800 quando fu chiuso per decreto napoleonico e successivamente saccheggiato. Quando i monaci vi poterono finalmente tornare nel 1874, non trovarono più la ricca biblioteca (in parte ora conservata presso la biblioteca comunale di Cupramontana), né l’altare in maiolica della scuola della Robbia (ora conservato alla Pinacoteca di Jesi).
La parte più antica e più interessante dell’intero complesso architettonico è quella che si trova sopra la fonte miracolosa di Santa Lucia, tornata alla luce dopo gli ultimi lavori di restauro del 2004 e con l’acqua zampillante che, secondo l’usanza popolare, era usata dai visitatori per bagnarsi gli occhi.
Sono anche riemerse nel perimetro esterno del chiostro, nella parte che guarda verso la vecchia entrata, delle lastre con incisi dei salmi del 1500.
I monaci che vivevano nell’Eremo erano una comunità autonoma: vivevano di preghiera, di studio e di lavoro e producevano tutto il necessario per alimentarsi: vino, olio, pane e anche l’acqua calda, essendo degli ottimi ingegneri. Nel 1500 era presente anche una tipografia e forse l’arte tipografica di Cupramontana prende origini proprio da qui.
Da un documento del 1536 sappiamo che tra le cose conservate all’interno dell’Eremo c’era un torchio completo per stampare libri, lettere in piombo e una cassa con le forme da imprimere. Addirittura qui i monaci producevano un ottimo inchiostro chiamato “inchiostro dei corvi” realizzato con il “Verdicchio”.
Dopo un lunghissimo periodo di abbandono e di degrado profondo, l’eremo sta riscoprendo la sua nuova vita, grazie ad una associazione privata che ha portato avanti da quasi vent’anni un lungo lavoro di restauro.
Ora l’Eremo è visitabile al suo esterno ed è possibile tornare a respirare quell’aria mistica e di pace che si respirava più di mille anni fa e godere in parte del complesso architettonico originale e delle grotte tufacee. Questo era anche il luogo prediletto dallo scrittore Luigi Bartolini dove, come cita nei sui versi, amava rifugiarsi quando scappava dalle gride paterne.
Le informazioni storiche sono state tratte da “Le strade raccontano” di Riccardo Ceccarelli, pp.145 – 150.