“La Biodiversità che ci unisce” diventa il motto per le Marche del futuro. Oltre la frammentarietà che ha sempre contraddistinto il territorio marchigiano, quello che per numeri, superfici agricole e fatturati si presenta come il più grande d’Europa entra finalmente in piena operatività. È il Distretto Biologico Marche che ieri ha presentato i suoi obiettivi nel corso di un incontro che si è tenuto a Palazzo Raffaello alla presenza del presidente della Regione, Francesco Acquaroli, e dell’assessore regionale all’Agricoltura, Andrea Maria Antonini.
“Il biologico nasce qui nelle Marche e da qui diventa protagonista – ha esordito il presidente della giunta regionale, Francesco Acquaroli – Oggi rappresenta una grande opportunità e sono convinto che lavorando in sinergia con i territori si riescano a valorizzare le nostre eccellenze anche utilizzando quelle strategie di crescita previste dalla nuova programmazione europea, strumento per affermare non solo la nostra agricoltura ma anche la qualità di un territorio che finora è stato poco conosciuto. L’agricoltura rappresenta la qualità della vita, il benessere alimentare, l’identità, la tradizione, il nostro modo di essere: non è solo il prodotto finale ma è il testimonial del territorio”.
“La Regione – ha spiegato l’assessore regionale all’Agricoltura, Andrea Maria Antonini – ha favorito la nascita del Distretto Biologico Marche e ne ha sostenuto l’avviamento perché consapevole delle potenzialità di questo strumento che oltre a rappresentare un presidio territoriale per la salvaguardia del territorio e del paesaggio rurale, si offre anche come nuovo modello di sviluppo per l’agroalimentare attraverso una strategia mirata che favorisce lo sviluppo territoriale, la coesione e l’inclusione sociale oltre all’integrazione di attività caratterizzate da prossimità territoriale”.
All’incontro ha preso parte anche il presidente del Distretto, Giovanni Battista Girolomoni. Al suo fianco i membri del comitato esecutivo: Tommaso Di Sante, Andrea Passacantando e Federico Marchini.
“Il Distretto Biologico Marche presenta ‘Insieme per il Bio’ come primo evento, sottolineando l’unione d’intenti che ha portato alla sua creazione – ha detto Girolomoni – L’agricoltura biologica, cresciuta da una nicchia a un movimento sempre più ampio nel corso degli anni, ha visto la nostra regione in prima linea. Ora, la sfida è far diventare il biologico la normalità nel consumo delle persone. Il nostro obiettivo principale è informare e promuovere, sottolineando l’importanza dell’agricoltura biologica. Nonostante il primato mondiale nell’export di prodotti bio sia italiano, per sostenere il consumo dobbiamo focalizzarci sul territorio, trasmettendo il messaggio che il biologico e il locale sono la scelta ideale”.
Un settore importante, quello dei Distretti, illustrato ai presenti attraverso i dati di uno studio Crea realizzato da Alberto Sturla e Laura Viganò che indica le Marche come regione con l’incidenza maggiore di ettari biologici ricompresi all’interno di organismo di questo tipo. Secondo Fabio Musso ed Elena Viganò, docenti del Dipartimento di Economia, Società, Politica dell’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, è necessario definire un vero e proprio “Manuale di gestione del territorio” rivolto agli amministratori locali e a tutti gli agricoltori dell’area dell’accordo di distretto.
A tal proposito si sta realizzando una ricerca che analizzerà contesto economico, politico e normativo dei territori del Distretto al fine di individuare le possibili azioni da implementare per promuovere lo sviluppo delle economie locali in un’ottica di sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Marche, dunque, come terra di agricoltura biologica.
Pionieri del settori i marchigiani contano, secondo l’ultimo report del Sinab, il 26,6% di terreni bio rispetto al totale della superficie agricola. Cifra che, oltre a decretare il raggiungimento dell’obiettivo del 25% chiesto dall’Ue entro il 2030, ci pone anche di gran lunga sopra la media italiana (18,7%) ed europea (9,6%). Al lavoro ci sono più di 4200 operatori impegnati in vari settori produttivi: dai cereali (22mila ettari) al vino (6800 ettari), dall’ortofrutta (oltre 5mila ettari) all’olio (più di 3mila ettari).